“Patata bollente”: la Raggi vince la causa contro “Libero”. E’ satira solo quella contro la Meloni…

26 Giu 2023 13:10 - di Lucio Meo

Due pesi, due misure, due satire, due sentenze, due patate, due indignazioni diverse, verrebbe da dire. E’ la sintesi di quanto accade in Italia quando si “ironizza” con le donne al potere, superando, a volte, i limiti del buon gusto. Ma a qualcuno va bene, come nel caso di Virginia Raggi, alla quale un tribunale ha dato ragione, condannando “Libero” al risarcimento del danno per quel titolo sulla “patata bollente” ritenuto offensivo, e a qualcuno, come a Giorgia Meloni, la cui sorella Arianna era stata oggetto di una squallida vignetta che la ritraeva a letto con un amante di colore, invece va male e tutto finisce archiviato, in cavalleria, dall’Ordine dei Giornalisti nel segno del diritto alla “satira”.

“Libero” condannato per la prima pagina sulla patata bollente della Raggi

Vittorio Feltri e Pietro Senaldi, rispettivamente editorialista e direttore responsabile del quotidiano Libero, sono stati condannati anche dalla Corte d’Appello di Catania che ha confermato la sentenza di primo grado che condannava Feltri (attuale consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Milano) a 11mila euro di multa e Senaldi a 5mila euro di multa per aver diffamato a mezzo stampa l’allora sindaca di Roma, Virginia Raggi”.

I giornalisti si sono sempre difesi parlando di una “metafora” che richiamava una “situazione di forte difficoltà” in cui ci si rischia di bruciarsi politicamente. Ma quel gioco di parole è stato ritenuto offensivo e non satirico.

Oggi la Raggi esulta così: “‘Sono passati più di 6 anni. Probabilmente, era uno dei momenti più duri: ogni giorno un attacco, un’accusa infondata, un tentativo di spallata e colpi bassi da chi diceva di essere amico. Sembrava che tutto fosse lecito. Si poteva scrivere qualsiasi cosa sul mio conto, senza avere alcun riscontro. Ma quel giorno si è passato il limite….’Ma non è una vittoria soltanto mia: è una vittoria di ogni donna che si è sentita offesa e di ogni padre, fratello, figlio o marito che si è indignato. Quell’articolo era un coacervo di falsità, condite da luoghi comuni, pregiudizi, offese gratuite, sessiste, maschiliste e squallide. Purtroppo quel che tante donne sono costrette a subire ancora troppo spesso da persone che forse vivono su un altro pianeta. Ho denunciato, perché la critica giornalistica è altro e va ribadito, sempre. Perché il mestiere di giornalista, se fatto con onestà e rigore, è in grado di aiutarci a capire il mondo ed essere più consapevoli…”.

La vignetta contro Arianna Meloni era satira…

Era “satira divertente”, invece, secondo l’Ordine dei giornalisti, la vignetta di Natangelo, deferito per una presunta violazione alle norme deontologiche nella stesura di una striscia sul “Fatto” considerata, dal centrodestra, sessista, allusiva e becera. La vignetta, dell’aprile scorso, tirava in ballo, nella polemica politica, la sorella del premier Giorgia Meloni in quanto moglie del ministro Lollobrigida, accusato di aver pronunciato una frase “razzista” sulla sostituzione etnica. Il “Fatto“, non nuovo a questo esercizio di “satira sessista”, come spesso accaduto con Maria Elena Boschi, aveva pubblicato in prima pagina la vignetta nella quale la moglie del ministro, Arianna Meloni, a letto con un uomo di pelle nera, a precisa domanda, “E tuo marito?”, rispondeva: “Tranquillo, sta tutto il giorno fuori a combattere la sostituzione etnica”.

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