La Cgia: il popolo delle partite Iva ha pagato nel 2020 in Italia tasse 104 volte superiori alle Big Tech Usa

10 Giu 2023 13:51 - di Roberto Frulli

La sinistra li accusa di essere evasori e vorrebbe mettergli le mani in tasca tassandoli ulteriormente ma la verità è che le Pmi, le piccole e medie imprese italiane, hanno versato, nel 2020, svela l’Ufficio studi della Cgia, 19,3 miliardi di euro di imposte mentre l’anno successivo, nel 2021, le cosiddette Big Tech, i colossi statunitensi del web e dell’IT, hanno corrisposto al Fisco italiano solo 186 milioni di euro.

Un’ingiustizia fiscale evidente in una “partita – dice il parlamentare di Fratelli d’Italia, Andrea De Bertoldi, membro della Commissione Finanze della Camera – che l’Italia non può giocare da sola, è una partita che deve giocare anche l’Europa”.

“Nel 2020 , annus horribilis per l’economia italiana, le nostre piccole imprese con meno di 5 milioni di euro di fatturato hanno versato 19,3 miliardi di euro di imposte – rivela l’analisi della Cgia. – Nel 2021, invece, le 25 filiali italiane dei principali gruppi mondiali di web e software hanno corrisposto al nostro erario 186 milioni di euro”.

“Da questo confronto emerge che nell’ultimo anno in cui i dati sono disponibili i nostri piccoli imprenditori hanno pagato 19,1 miliardi in più delle multinazionali del web presenti in Italia. Importo, quest’ultimo, certamente sottodimensionato”. E “nel momento in cui sarà disponibile il gettito erariale delle piccole imprese riferito al 2021 , la variazione sarà sicuramente superiore a quella richiamata più sopra” afferma l’Ufficio studi dell’associazione.

“Il risultato di questa comparazione mette in luce una contraddizione evidentissima: additati di essere i principali responsabili dell’evasione, il popolo delle partite Iva, invece, paga un ammontare complessivo di tasse 104 volte superiore ai principali giganti del web che, nell’immaginario collettivo, rappresentano il successo, l’innovazione e il futuro”.

Peraltro l’analisi mostra come l’aggregato delle controllate appartenenti al settore del WebSoft ha registrato nel 2021 un giro d’affari nel nostro Paese pari a 8,3 miliardi mentre il numero di addetti occupati in queste realtà era pari a 23 mila unità.

I 3 milioni di piccole imprese con meno di 5 milioni di fatturato, invece, nel 2020, anno in cui moltissime di loro, a causa del Covid, sono state addirittura chiuse per molti mesi, hanno generato un fatturato di 735,8 miliardi.

Se il livello medio di tassazione delle Big tech è, secondo l’Area studi di Mediobanca, al 33,5 per cento, nelle nostre piccolissime realtà si aggira attorno al 50 per cento: praticamente quasi il doppio.

Cgia sottolinea come “nessuno chiede un inasprimento del carico fiscale nei confronti delle grandi imprese del web” mentre “semmai è necessario abbassare drasticamente il peso delle tasse sulle piccole attività che, ancora oggi, rimane su livelli insopportabili”.

“Ci sono due aspetti da considerare – ragiona il parlamentare bolzanino di Fratelli d’Italia, Andrea De Bertoldi, laurea in economia e commercio, master in diritto e pratica tributaria internazionale, membro della Commissione Finanze della Camera. – Il primo riguarda quelle piattaforme estere che intermediano immobili e alberghi italiani sottraendo circa il 20% di base imponibile e Pil nazionale. C’è molto che può essere fatto, soprattutto su chi intermedia con queste piattaforme tipo Booking”.

Poi c’è l’altro aspetto, il tema base. E qui le cose si complicano.

”Perché queste grandi imprese internazionali, come Amazon sfuggono al Fisco? – si chiede De Bertoldi affrontano la questione in maniera più generale. – Perché siccome sono imprese perlopiù americane, quindi con sede negli Stati Uniti d’America, gli Usa ovviamente dicono: se tu mi aumenti la tassazione, io ti metto i dazi. Questo è il dato di fatto. Per questo è una partita che l’Italia non può giocare da sola, perché se la gioca da sola viene stritolata. È una partita che, casomai, deve giocare l’Europa”.

Perché l’Europa non gioca questa partita?

”Io non ho oggettivamente in mano gli elementi per dire perché l’Europa non si fa sentire. Dico – spiega il parlamentare di Fratelli d’Italia – che ci sono forti interessi di contrapposizione. Ritengo che questa sia una partita da giocare non da soli ma con tutta l’Europa. Che non deve fare la guerra agli Stati Uniti, perché se andiamo a farci la guerra in un contesto abbiamo solo da perdere. Ci deve essere un confronto educato, cerchiamo di trovare una quadra”.

La partita si porti a un livello europeo e l’Europa, dal canto suo, abbia più coraggio nel confrontarsi con gli Stati Uniti per trovare una soluzione a questa vergogna delle multinazionali che, di fatto, non versano nulla al Fisco italiano o solo le briciole – conclude De Bertoldi che è anche coordinatore della Consulta dei commercialisti. – Non trascuriamo che se la portiamo su un piano conflittuale rischiamo solamente di trovarci i dazi che danneggiano le nostre esportazioni”.

 

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