Iran, l’atleta che in Corea gareggiò senza velo torna a scalare la vetta: ma stavolta indossa l’hijab…
Dopo le scuse a cui le autorità l’avevano costretta. A fronte degli arresti domiciliari a cui l’hanno sottoposta. E dopo le ombre che animato un breve giallo sulla sua improvvisa sparizione al rientro a Teheran, accolta dalla folla come un’eroina per aver sfidato prima ancora che i competitor i vertici politici dell’Iran scalando la vetta senza velo islamico ai Campionati asiatici di arrampicata sportiva in Corea del Sud, l’atleta iraniana Elnaz Rekabi torna a gareggiare. Ma stavolta a capo coperto.
Iran, l’atleta che gareggiò senza velo torna a competere: ma stavolta con l’hijab
Già, questa volta la Rekabi alle semifinali di arrampicata a Bressanone si è presentata con l’hijab, come prevedono le regole della Repubblica islamica. Norme e precetti contro le quali si stanno svolgendo da settembre manifestazioni di massa a livello nazionale in Iran. Una notizia che, se dal punto di vista della cronaca sportiva ci dice solo che l’atleta non è riuscita ad accedere in finale, arrivando 41esima. Dal punto di vista simbolico, invece, rivela molto su quanto sta incessantemente avvenendo nel Paese.
Dopo il suo gesto in Corea, le scuse forzate e il giallo della “scomparsa temporanea”
Un Paese travolto dalla ribellione al diktat delle autorità sul velo. Da una rivolta costata la vita a molti giovani scesi in piazza per la 22enne iraniana Mahsa Amini, morta in ospedale a Teheran dopo essere stata fermata dalla polizia religiosa. Una contestazione, tuttora in corso, sfociata in proteste di piazza represse nel sangue. Una insurrezione giovanile in cui ha provato a dire la sua anche Elnaz Rekabi. Salvo poi finire sotto i riflettori per il gesto ostentato in Corea del Sud, e doversi scusare pubblicamente su Instagram.
L’Iran reprime l’affronto della climber: tutte le ritorsioni che l’atleta ha dovuto affrontare
Non solo. Dopo aver fatto ammenda sull’agorà social per non aver indossato il velo durante la gara – parlando di un gesto «involontario», e affermando che l’hijab le era scivolato – per lei non è ancora finita. Il suo, era stato visto come un atto di solidarietà verso i migliaia di manifestanti che contestavano la morte della 22enne Mahsa Amini accusata di non aver indossato correttamente l’hijab. Un’iniziativa che, oltre alle scuse forzate e “riparatorie”, è costata alla Rekabi anche un’altra serie di ritorsioni. ”Scomparsa” per un periodo – secondo alcune fonti fermata appena rientrata, e poi agli arresti domiciliari –. Con l’abitazione distrutta dalle autorità, la giovane sportiva ha dovuto incassare diverse azioni punitive prima di tornare in campo. E di farlo, come oggi, rigorosamente a capo coperto…