Inquinamento di mari e fiumi: nel Tevere raccolte 15mila bottigliette di plastica in 6 mesi
Tra gli obiettivi dell’ONU nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile c’è il Goal 14, che impone di prevenire e ridurre in modo significativo l’inquinamento marino di tutti i tipi, in particolare quello proveniente dalle attività terrestri, compresi i rifiuti marini e l’inquinamento delle acque da parte dei nutrienti e che “entro il 2030 bisogna aumentare i benefici economici derivanti dall’uso sostenibile delle risorse marine per i piccoli Stati insulari e i paesi meno sviluppati”.
Inquinamento di mari e fiumi, il nodo della plastica
Non a caso, il tema centrale della Giornata Mondiale dell’Ambiente di quest’anno è stato “Sconfiggi l’inquinamento da plastica”, sottolineando l’importanza di assumere azioni per contrastare la dispersione di plastiche e microplastiche nel suolo ma soprattutto nei fiumi, laghi e nel mare.
La sopravvivenza dell’uomo
Risulta ormai chiaro quale sia il ruolo dei mari e degli oceani per la sopravvivenza dell’uomo, della biodiversità marina e nella lotta al cambiamento climatico. Basti pensare che più di 3 miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento così come gli oceani assorbono circa il 30% dell’anidride carbonica prodotta dagli umani, mitigando così l’impatto del riscaldamento globale sulla Terra.
I rifiuti flottanti nei fiumi e nei mari
Per quello che riguarda i rifiuti flottanti nei mari e nei fiumi, in generale sappiamo che gran parte di questi è rappresentata rappresentati da materiali leggeri in sospensione come le plastiche. Questi, laddove insistono in corsi d’acqua o fiumi destinati a raggiungere il mare senza punti di depurazione, trasferiscono integralmente il loro carico inquinante sulle coste e sul mare.
Lo studio condotto da Ispra
Secondo uno studio condotto da ISPRA risulta che, ogni anno, dai fiumi europei finiscano in mare più di 600 milioni di macro-rifiuti galleggianti (maggiori di 2,5 cm), la gran parte dei quali raggiunge il mare attraverso numerosi piccoli fiumi, torrenti e deflussi superficiali. Quello che più colpisce è che otto oggetti su dieci sono di plastica, ed il 40% degli oggetti arriva al mare già frammentato.
Gli strumenti galleggianti
In Italia, la legge cosiddetta “Salva Mare” affida alle autorità di bacino distrettuali l’azione di contrasto ai rifiuti galleggianti, seppur attraverso misure sperimentali. Tra le principali iniziative vi è la possibilità di messa in opera di strumenti galleggianti, barriere, griglie o anche di sistemi di selezione visiva a monte per capire a che tipo di rifiuti galleggianti un fiume sia soggetto.
Manutenzione e rimozione
È però giusto ricordare che qualunque sistema di selezione sui corsi d’acqua deve essere sottoposto a manutenzione e rimozione dei rifiuti, per evitare non solo la formazione di “discariche in acqua”, ma anche per non perdere opportunità di riciclo della plastica raccolta in una ottica di economia circolare.
I sistemi di intercettazione
Inoltre, tali sistemi di intercettazione dei rifiuti galleggianti non devono interferire con le esigenze di tutela degli ecosistemi fluviali. In questo caso, le autorità di bacino possono svolgere un ruolo di vere e proprie “sentinelle” sullo stato di salute delle nostre risorse idriche ed è necessario garantire risorse per la loro fondamentale attività.
Eccellenze italiane come le Blue Barriers
Parlando di barriere fluviali, tra le opzioni più avanzate sono presenti anche “eccellenze” italiane come le “Blue Barriers” testate dal Laboratorio di Idrodinamica dell’Università di Firenze nei fiumi Tevere e Lamone. Si tratta di barriere di ultima generazione, capaci di fermare circa il 100% delle plastiche galleggianti, applicabili a qualsiasi corso d’acqua e prive di impatti sulla fauna fluviale né sulla navigabilità del fiume.ù
Il fiume Tevere; 15mila bottigliette
Ad esempio, tali barriere sono state applicate anche sul fiume Tevere (dove sono state raccolte circa 15mila bottigliette di plastica in sei mesi) e presto potrebbero, così come altre tecnologie ad alto contenuto di innovazione, essere utilizzate nelle Filippine e magari in futuro sul Gange o sul Nilo per salvare i nostri mari, compreso il Mediterraneo.
Quello che possiamo fare…
Accanto a quello che possiamo fare “a valle” cioè quando si riscontri un inquinamento da parte dei rifiuti flottanti sui nostri fiumi o mari, molto possiamo fare in una ottica di “educazione ambientale” e sensibilizzazione. Il problema, infatti, non è la plastica in sé ma il reale problema deriva dal suo abbandono. In questa ottica, una soluzione potrebbe partire già da una corretta informazione verso le nuove generazioni, oltre che l’applicazione di sanzioni adeguateladdove non basti senso di civiltà e legalità, per arrivare a mettere in atto il famoso principio del “chi inquina, paga”.