Amaro sfogo di Mario Giordano sull’ex guardia giurata condannata: “Io sto con Massimo, la giustizia no”
Mario Giordano lo mette nero su bianco: «Io sto con Massimo». In giorni e ore che hanno aperto un dibattito animato sulla vicenda umana e giudiziaria che ha coinvolto l’ex guardia giurata che nel 2017 sparò per difendersi dai malviventi lanciati in macchina verso di lui, culminata a fine maggio in una condanna definitiva per omicidio volontario, il giornalista afferma con lucido disincanto, senza e senza ma, da che parte sta in questa storia che Giordano rilegge in controluce, puntando i riflettori sui coni d’ombra di una sentenza che farà discutere ancora a lungo.
Mario Giordano, la sua disamina amara sul caso di Massimo Zen
Ombre, ripensamenti e tanta amarezza. «Se tornassi indietro non lo rifarei»: è stato il commento a caldo di Massimo Zen quando la Cassazione ha confermato la pena di nove anni e sei mesi di galera per omicidio volontario – nonostante la procura generale avesse chiesto di annullare la condanna e rispedire il caso alla Corte d’Appello –. Parole che dicono tutto sulla sua vicenda: quella di una ex guardia giurata che all’alba del 22 aprile 2017 uccise un giostraio che con due complici stava fuggendo in auto, inseguito dai carabinieri dopo aver messo a segno una serie di colpi nei bancomat della zona.
«Io sto con Massimo»: il leitmotiv di Mario Giordano
Il ranger, che ha ricostruito al Corriere Veneto i fatti che quel giorno hanno cambiato la sua vita per sempre, ritorna su quei drammatici istanti: quando mise l’auto di traverso sulla strada. E quando i banditi puntarono dritti verso di lui per investirlo. Quando, a dramma in corso, esplose tre colpi: uno dei quali attraversò il parabrezza e centrò alla tempia il rapinatore. Fino ad oggi quando, a condanna in esecuzione, nelle ultime ore di libertà prova a descrivere la sua amarezza. Parole, considerazioni, commenti, che Giordano non lascia a penzolare nell’etere, e che, anzi, rilancia dalle colonne de La Verità, aggiungendo a quelle del protagonista della storia, la sua delusione.
Parole di delusione e indignazione
Una delusione che il giornalista, dicendosi dalla parte di Massimo, condivide e rilancia. Il conduttore di Fuori dal coro, è netto nella sua disamina sul caso Zen, e sempre partendo da un presupposto: «Io sto con Massimo». E cominciando la sua requisitoria ricapitolando: «Avevano rubato, stavano scappando inseguiti dai carabinieri, hanno visto Massimo e volevano investirlo. Potevano tirarlo giù come un birillo. Invece sono stati fermati. Uno è stato ucciso da un proiettile. Massimo si è difeso. È sopravvissuto. Una colpa abbastanza grave da mandarlo in carcere. Nove anni e sei mesi». Ribadendo come in un leitmotiv: «Io sto con Massimo» perché la giustizia non sta con lui.
Giordano: «Io sto con Massimo perché continuo a pensare che il problema siano i delinquenti e non chi prova a fermarli»
E ancora. «Io sto con Massimo perché, se uno fa la guardia, deve cercare di fermare i ladri. E non è possibile che nei tribunali le guardie perdano e i ladri vincano sempre. Io sto con Massimo perché la sua azienda gli aveva promesso che l’avrebbe difeso e invece l’ha lasciato a spasso, costretto ad affrontare i processi senza alcun sostegno e a vivere con il sussidio di disoccupazione». Incalzando, in un ritornello che scandisce e punteggia la sua analisi, «io sto con Massimo perché, a chi gli chiede se rifarebbe quello che ha fatto, risponde di no. E confessa che oggi “girerebbe la testa dall’altra parte”. Io sto con Massimo perché sei anni fa non ha girato la testa dall’altra parte».
Massimo Zen, finito in una cella «a cui non dovrebbe mai essere stato condannato»
«Ecco: io sto con Massimo – insiste Giordano – perché, invece, continuo a pensare che il problema siano i delinquenti e non chi prova a fermarli. Perché contino a pensare che chi prova a fermarli vada sostenuto». Concludendo infine: «Io sto con Massimo, in fondo, soprattutto per questo. Perché lui non avrebbe mai sparato a quei nomadi malviventi se quei nomadi malviventi non avessero prima rubato e poi tentato di investirlo. Io sto con Massimo perché lui è stato costretto a reagire (Procura dixit) a una situazione che non aveva scelto, né voluto, a differenza dei ladri che quella situazione l’hanno provocata. E perché lui ha rischiato la vita per difenderci. Mentre i delinquenti da sempre rischiano la vita per offenderci. Perciò tutte le persone ragionevoli, oggi, non possono che essere con Massimo, insieme a me. Per cercare di tirarlo fuori da quella cella, a cui non dovrebbe mai essere stato condannato».