S&D, dopo il Qatargate gli eurocompagni vogliono cambiare nome. Pd già spaccato
Quando Bettino Craxi sfrattò falce e martello dal simbolo del Psi per sostituirlo con il garofano rosso, fu del radicale Mauro Mellini il commento più fulminante: «Li riconosceranno dalle impronte digitali». Una profezia più che una battuta, visto che due anni più tardi l’inchiesta milanese di Mani Pulite avrebbe ramazzato non solo i socialisti ma l’intero arco costituzionale, ad eccezione del Pci, antenato del Pd. Da allora ne è scorsa di acqua sotto i ponti della politica. Ma la storia, diceva Marx, è destinata a ripetersi, pur se sotto forma di farsa. E così è stato: altro parlamento, altra scandalo, altri socialisti la questione è tornata d’attualità, non nel simbolo ma nella denominazione.
L’ipotesi è tornare alla sigla Pse (Socialisti europei)
All’Eurocamera di Strasburgo, infatti, a qualcuno non va più bene quella di Socialisti & Democratici. Di motivazioni ufficiali non c’è traccia, ma è facile intuire che molto c’entrano le elezioni del prossimo anno e il recente Qatargate che ha travolto molti esponenti di quel gruppo. Una storia di mazzette e di corruzione che non consente a chi dovrà candidarsi sotto quelle stesse insegne di dormire sonni tranquilli. Ovviamente, c’è anche la situazione politica, che vede impegnato soprattutto il Pd. E sì, perché fu proprio per accogliere i dem che i socialisti europei riuniti intorno al Pse decisero di mutare il loro acronimo in S&D.
Nel Pd già si litiga. Tace la Schlein
Non stupisce, perciò, che i tormenti sul nome angoscino soprattutto i compagni di casa nostra. E per un Andrea Orlando che apre al nuovo corso con un laconico «perché no?», c’è una Deborah Serracchiani che chiude parlando di «doppio errore». Sbaglierebbe, tuttavia, chi pensasse alla lana caprina. La questione è politica e investe gli equilibri del Pd post-congressuale: da una parte la sinistra che si riconosce nella nuova segreteria, dall’altra gli orfani dell’opzione riformista. Chi invece non parla, almeno finora, è proprio Elly Schlein. In compenso, in una velina, fonti del Nazzareno definiscono «destituita di fondamento» l’ipotesi di un avallo della leader alla scelta di cambiare nome.