Saluti romani per Ramelli, la Cassazione: ostentazione di ritualità fascista, nessuna attenuante
Ostentazione di ritualità fascista, nessun attenuante. Questa, in estrema sintesi, la motivazione con cui i giudici della Cassazione lo scorso febbraio hanno confermato la condanna (un mese e 10 giorni e 300 euro di multa) della Corte d’Appello di Milano nei confronti di otto imputati. Presenti nell’aprile 2016 alla commemorazione per Sergio Ramelli, giovane militante di destra ucciso a colpi di chiave inglese nel 1975, per Enrico Pedenovi e Carlo Borsani. Colpevoli di aver fatto il saluto romano durante la cerimonia del ‘presente’. Condanna della Corte d’Appello che a sua volta ha ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado.
Saluti romani, le motivazioni della Cassazione che conferma la condanna
“I ricorsi – scrivono i supremi giudici – omettono completamente di confrontarsi con il significato ideologico, di comunanza d’intenti e di vitalità delle azioni poste in essere dai ‘camerati’ oggetto di commemorazione. Che secondo i giudici di merito caratterizza il richiamato rito del ‘presente’. Dotato di particolare forza suggestiva e capacità di convinzione ideologica. Nonché di palese ostentazione di una precisa e formale ritualità fascista. Carica di significati ideologici, e che manifesta una piena adesione a detti valori”.
“Ostentazione di ritualità fascista”, nessun attenuante
E ancora. “La genericità dei ricorsi delle difese si coglie in maniera plastica dalla mancanza di critica specifica alla ritenuta capacità di suggestione e proselitismo”, si legge ancora nelle motivazioni. “Sia nei confronti dell’opinione pubblica presente nelle vie cittadine, sia degli altri partecipanti alla commemorazione che non hanno preso parte alle ostentazioni compiute dagli imputati”. Della condotta caratterizzata dal raduno, in forma di schiera paramilitare, di numerosi militanti che hanno posto in essere il rito dell’appello. Altrimenti detto del “presente”, secondo la descrizione contenuta nel dizionario di politica edito dal Partito nazionale fascista nel 1940″. “Deve quindi concludersi – si legge – che, in considerazione del precetto costituzionale che, lungi dal riconoscere valore all’ideologia fascista, la osteggia e ne stigmatizza le manifestazioni, dette manifestazioni non rientrano nell’ambito di operatività della circostanza attenuante”.