Sallusti: “Lucia Annunziata non ha avuto abbastanza palle. Senza padrone-padrino non sa stare”

26 Mag 2023 9:03 - di Gabriele Alberti
Lucia Annunziata Sallusti

Una piccola rassegna stampa sul caso delle dimissioni di Lucia Annunziata fornisce la raffigurazione plastica di come per la sinistra politica ed editoriale la Rai o è Pd-centrica o non è. «Dopo Fabio Fazio anche Lucia Annunziata, la comunista Lucia Annunziata, lascia la Rai». Dimissioni irrevocabili “perché non condivido nulla di questo governo”. Evviva la chiarezza», esordisce Alessandro Sallusti nel suo editoriale su Libero oggi in edicola. La chiarezza consiste nell’avere rivelato la concezione proprietaria che del servizio pubblico ha da sempre la sinistra. Che scopre il pluralismo solo quando non sono i vertici dei partiti amici a dare le carte.  E sclerano. E offendono. Dando ai nuovi nominati degli “incapaci mediocri”, come dice su Repubblica l’ex Ad Pierluigi Celli. Che ci vuole insegnare com’era bella la lottizzazione ai suoi tempi.  Per cui Sallusti ringrazia sentitamente (e ironicamente) Lucia Annunziata “per aver plasticamente svelato il vero volto, tutt’altro che democratico, dell’intellettuale comunista organico al partito per il quale il servizio pubblico o è di sinistra o non può essere”. La prova provata è che la giornalista e conduttrice se ne è andata con le sue gambe, nessuno l’ha cacciata o “epurata”: termine in uso in queste ore nelle dichiarazioni lamentose dei dem, Schlein in testa. Tanto più che il suo programma era stato confermato dall’Ad Roberto Sergio.

Sallusti: “Se Lucia Annunziata avesse avuto le palle…”

“Chi se ne frega se un giornalista condivide o non condivide le politiche di un governo eletto dal popolo”, è il ragionamento del direttore- . Dovrebbe limitarsi a raccontarlo e semmai criticarlo”. E difatti l’Annunziata criticava aspramente, eccome, il governo Meloni, trattando in modo rude i ministri ospiti- vedi Roccella.  Dileggiando l’ormai celebre video del Cdm del Primo Maggio, ad esempio. Eppure non risulta che i nuovi vertici volessero toglierla di mezzo, anzi.  Dunque, l’assunto è dimostrato: “A Lucia Annunziata le ingerenze della politica nella Rai – vecchie quanto la tv di Stato – andavano bene quando in base a una appartenenza politica venne nominata nel 2006. Dopo essere stata al fianco di Romano Prodi sul palco della vittoria elettorale, direttrice del Tg3 e poi nel 2003 – governo Berlusconi –. E presidente della Rai in quota Pd”. Allora le ingerenze della politica andavano bene. Per lei. Sorge il sospetto. Non sarà, dunque, scrive Sallusti, che l’Annunziata non abbia avuto abbastanza “palle” per restare al suo posto di combattimento?

Sallusti: “Annunziata ha dimostrato che senza padrone-padrino non sa stare”

La sua trasmissione Mezz’ora in più “è stata un esempio di scuola della tv pubblica partigiana e faziosa. E se donna Lucia avesse avuto le palle avrebbe dovuto continuare a farla, l’avremmo combattuta ma rispettata. E invece no, molla il colpo. Poi la stilettata: “Ma con le dimissioni ha dimostrato che lei senza un padrone-padrino non sa stare, insomma a lei piace vincere facile alla faccia delle decine di suoi bravi colleghi Rai di orientamento opposto al suo che per tredici anni hanno dovuto battersi per difendere piccoli spazi di libertà in una Rai a trazione sinistra. Insomma, non ci sono più neppure i comunisti di una volta“. Le reazioni stizzite, di contro, su Repubblica e Stampa, fanno sorridere, sono la prova del nove di quanto detto. Ma fanno anche arrabbiare, quando l’ex dg Pierluigi Celli sul quotidiano di Giannini tuona che il governo “sta scegliendo solo mediocri”. I titoli dei due quotidiani variano sul tema: “Tele Meloni”; “FuggiRai”; “Come uccidere il servizio pubblico”; “Dalla tv di Stato alla Tv di Giorgia”. Divertente, no? Può bastare. Sentir parlare e leggere di liste di proscrizione o di situazione allarmante;  e di pluralismo calpestato da esponenti di un partito come il Pd; che per anni ha fatto dell’occupazione della Rai la sua strategia principe, fa veramente ridere. La verità è che del pluralismo non sanno che farsene: la sola idea di dividere lo spazio con colleghi che fin’ora non hanno avuto spazio fa loro orrore. E sbattono la porta.

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