Riforme, al via gli incontri con l’opposizione. Conte: «No all’elezione diretta del premier»
Riforme istituzionali, al via gli incontri della delegazione del governo, guidata da Giorgia Meloni, con i gruppi di opposizione. Il modello somiglia molto a quello delle consultazioni per la formazione del governo, con la delegazione invitata che al termine del colloquio riferisce ai giornalisti. La prima a varcare la soglia di Montecitorio è stata quella del M5S con in testa Giuseppe Conte, descritto come il più riluttante a confrontarsi sul tema delle riforme, seppur per ragioni di concorrenza elettorale con il Pd di Elly Schlein. I due si marcano stretti. «Abbiamo lasciato 11 proposte specifiche che servano tra l’altro a evitare cambi di casacca», esordisce l’ex-premier conversando con i cronisti.
Conte guidava la delegazione del M5S
Per poi aggiungere: «Abbiamo spiegato che siamo contrari all’autonomia differenziata spinta, che svuota i poteri dello Stato. Abbiamo invitato il presidente Meloni a mantenere un’interlocuzione perché non è raccomandabile andare avanti a colpi di maggioranza». Le questioni evidenziate da Conte non investono solo la procedura (comunque rilevante) ma anche il merito delle riforme. A partire dalla netta contrarietà al presidenzialismo e al premierato. «No del M5s all’elezione diretta di presidente della Repubblica o presidente del consiglio», ha infatti ribadito il leader pentastellato nel corso dell’incontro con il governo. Uno spiraglio, tuttavia, Conte lo lascia aperto. Ed è quando riconosce le «criticità del nostro sistema», a cominciare dalla «instabilità degli esecutivi».
Meloni: «Cittadini disgustati da tradimento del voto»
E ammette: «Siamo assolutamente consapevoli che questo è un problema che dovremmo risolvere, come quello di garantire al Parlamento un percorso più funzionale. Il tema è che non venuta fuori una condivisione della soluzione». Dal canto suo, il premier ha sottolineato come tutti i partiti stiano pagando «la disaffezione dei cittadini alla politica, al rapporto con le istituzioni». Il perché è la stessa Meloni a spiegarlo: «Quando eleggi un partito, una coalizione e un programma collegato e poi ti ritrovi maggioranze diverse da quelle votate e con programmi saltati, il vincolo tra rappresentante e rappresentato rischia di non essere più percepito. Credo che questo sia uno degli elementi che hanno allontanato i cittadini dalla partecipazione al voto». Conte dovrebbe saperlo più degli altri.