Ricordiamo Giovanni Falcone oltre i rituali: un grano di verità in un mare di retorica
Ricordate. Ricordiamo. Ricordiamolo pure Giovanni Falcone. Ma non ce la faccio ad accodarmi. Preferisco poche righe, nude al rituale dei maestri di celebrazione e di ampollosa tastiera. Nell’ufficialità del ricordo di lui, c’è molto non ricordo. Più oblio che memoria. Domina la convenienza che svolazza su vita e morte dell’eroe. Le sovrasta; le muove.
I verbali del Csm: Nessun “accusatore” gli ha chiesto perdono
Nessuno fa cadere i piatti di portata a terra; nessuno “osa” l’indicibile vero; le scomode cose sono sepolte nella memoria dimentica di masse e poteri. Fa comodo, fa comodo. Come può ricordare il Fronte del Progresso la sua disgraziatissima polemica contro di lui? Andatevi a leggere i verbali del Csm. Sono fonti aperte. Basta andare sul sito dell’organo di autogoverno della magistratura. Trovate gli esposti di Leoluca Orlando, Alfredo Galasso, Carmine Mancuso. Contro Falcone. Trovate la convocazione e l’autodifesa a cui fu costretto. Il 15 ottobre del 1991, il giudice che era stato accusato di tenere chiusi nei cassetti i documenti sui delitti eccellenti fu chiamato a discolparsi. Fu umiliato. Si dovette difendere. Lo fece, dall’alto della sua levatura morale e del suo sapere giuridico; dell’esatta cognizione di atti, fatti, procedimenti, persone. “Una vera e propria campagna denigratoria contro mio fratello, sfruttando le proprie risorse per lanciare accuse attraverso i media”, ha detto la sorella a suo tempo. Fatti noti. Né Orlando, né gli altri gli chiesero mai scusa. Gli resero amari e dolorosi gli ultimi mesi della sua vita. Nessuno gli ha chiesto perdono.
Dimenticato il linciaggio morale del giudice
“Non si può andare avanti in questa maniera, questo sia chiaro, non è possibile; questo è un linciaggio morale continuo. lo sono in grado di resistere – si sfogò in quella occasione – ma altri colleghi un po’ meno. Io vorrei che voi vedeste che tipo di atmosfera c’è per adesso: a Palermo, Ma veramente non lavorano più! Si trovano in una situazione estremamente demotivata e delegittimata,sono guardati con estremo sospetto da tutti. Per carità, voi fate tutto e per intero il vostro dovere, ma tenete conto anche di questo, perché io li conosco questi ragazzi…”. Incredibile. Eppure questo è accaduto. Materia che non entra nelle commemorazioni. Non può essere accolta dalle cerimonie.
Boccassini pianse e puntò il dito: nessuno più ricorda.
Espunta. Cacciata dalla memoria. Come quel j’accuse accorato di Ilda Boccassini – a volte indelicata nel suo libro, ma così vera, con le sue lacrime, trentuno anni fa – alla commemorazione presso il Tribunale di Milano. “C’è tra voi chi diceva che le bombe all’ Addaura le aveva messe Giovanni o chi per lui. Abbiate il coraggio di dirlo adesso, e poi voltiamo pagina. Se pensate che non era più autonomo, libero, indipendente, perché andate ai suoi funerali? Dalla Chiesa non può andare ai funerali, Orlando non può andare. Se i colleghi pensano che in questi due anni Giovanni Falcone si sia venduto lo dicano adesso, vergogniamoci e voltiamo pagina. Ciao, Giovanni”.
(Luca Fazzo, Repubblica, 26 maggio 1992).
Già. Questo non è stato detto oggi. Non si dirà domani. Non si dirà mai. Qui posso. Qui possiamo. Un grano di verità in una marea di Rettorica. La saluto, la salutiamo, così, dottor Falcone.