Repubblica ironizza sull’incoronazione di Carlo III e celebra la “monarchia” di re Mattarella

8 Mag 2023 10:31 - di Lisa Turri

Il buon Julius Evola, monarchico convinto oltre che tradizionalista tutto d’un pezzo, sosteneva che quando ci si inchina a Sua maestà non è all’uomo che si obbedisce. Ma al principio trascendente che la Corona incarna. Roba passata. Anticaglie dialettiche che però rivivono, a sprazzi, nelle cerimonie che accompagnano le vicende della monarchia inglese, la più antica d’Europa. Riti che a un vero repubblicano dovrebbero far venire l’orticaria.

E invece Repubblica, a dispetto del nome, ne approfitta per celebrare il “re italiano” Sergio Mattarella, applaudito non solo nei riti laici e costituzionali che gli competono ma anche nella cerimonia canora che santifica gli idola d’Italia, cioè Sanremo, con Amadeus e Roberto Benigni nel ruolo di officianti.
L’occasione la offre una lettrice a Francesco Merlo, rubrica di domenica 7 maggio (opportunamente segnalata da Daniele Capezzone nella sua rassegna stampa “politicamente scorretta”). “Caro Merlo – scrtive la lettrice – quando hanno posato la corona sulla testa di Carlo, non ho sentito quello strano brivido che mi aveva sorpreso seguendo il funerale di Elisabetta, proprio io che sono, no repubblicana, repubblicanissima! Meglio noi italiani che non ci diamo tutte queste arie, magari perché non abbiamo una Elisabetta da rimpiangere. Ma un bel presidente che ci rappresenta tutti ce l’abbiamo! Gli inglesi no”.

E subito dopo arriva la lezioncina politologica di Merlo: “Per la monarchia inglese sarebbe stato meglio rinunziare alla cerimonia dell’incoronazione, che è simbolica e non necessaria. Il re infatti era già re e questa incoronazione non trasmetteva né il fascino né l’allegria della più inattuale delle fantasie intellettuali e popolari, ma solo una pesantezza patetica, falsa, sfarzosa e, alla fine, reazionaria“. Quindi: un re con la corona non è una buona immagine, risulta “patetica” e in fondo poco democratica, dunque da respingere. Meglio mettere la corona a chi re non è. Ed è proprio quello che fa Merlo anadando avanti nella sua risposta: “Per una volta però stiamo meglio noi: nel crisma e nel carisma democratico del secondo mandato a Sergio Mattarella, nel bisogno di identità e di identificazione, c’è questa nostra vaga voglia di monarchia: 14 anni di consenso popolare creano il mito del re repubblicano“.

Capito? Anche gli italiani hanno il loro re, benché repubblicano, che gode di ben 14 anni di consenso democratico (ma quando c’è stata l’elezione del presidente della Repubblica da parte del popolo? Boh…). Ben 14 anni, dunque: volete mettere con i dieci secoli di storia che stanno dietro la corona di Carlo III d’Inghilterra? Una bazzecola, una trascurabile minuteria. Meno male che c’è Repubblica a rimettere a posto le cose (e la storia). E a ricordarci che, in fondo, sempre sudditi siamo…

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