Renato Vallanzasca resta in carcere, il tribunale di Sorveglianza gli ha negato le cure all’esterno

30 Mag 2023 9:11 - di Paolo Sturaro
renato vallanzasca

Renato Vallanzasca resta in carcere. L’ex boss della Comasina, 73 anni, detenuto a Bollate, non potrà accedere alle cure all’esterno, come richiesto dai suoi legali. A deciderlo il tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha rigettato la richiesta degli avvocati di differimento di pena e detenzione domiciliare in centri specializzati, a causa delle sue condizioni di salute. «Siamo meravigliati e faremo ricorso», dice all’AdnKronos Corrado Limentani, uno dei legali di Vallanzasca, «perché quantomeno il tribunale avrebbe dovuto disporre una perizia».

Renato Vallanzasca e la patologia che lo affligge

Gli avvocati avevano ottenuto già due consulenze tecniche «molto approfondite» che rilevavano una incompatibilità con il regime del carcere per l’ex boss, «dovuta al fatto che la patologia che lo affligge, il decadimento cognitivo progressivo, irreversibile, non è arginabile in carcere ma può essere rallentato e maggiormente monitorato all’esterno, in centri specializzati», sottolinea Limentani.

L’ex boss difficile da curare

Per il legale in carcere, tutto è «molto più difficile da curare». Vallanzasca «ha bisogno di interagire, di essere stimolato e in carcere non è possibile». L’ordinanza del tribunale di sorveglianza, prosegue Limentani, «non entra neanche nel merito della pericolosità mentre invece noi chiedevamo il differimento della pena per motivi umanitari. Sono meravigliato che nonostante le consulenze di due esperti, universalmente riconosciuti di grande spessore, il tribunale non abbia ritenuto di disporre la perizia, quant’altro per disporne l’attendibilità».

«Fa fatica a parlare e a scrivere»

Qualche settimana fa lo stesso tribunale di Sorveglianza aveva accolto la richiesta della difesa di riprendere a usufruire dei permessi premio che erano stati sospesi a febbraio e marzo scorso quando è stato segnalato dal carcere un comportamento «anomalo» dell’ex boss, legato al non comprendere gli orari e le modalità dell’uscita in permesso. «Evidentemente la pericolosità, per un soggetto che va in permesso sembra andare in seconda battuta – osserva l’avvocato – il bilanciamento che viene fatto quando si concedono questi benefici avrebbe dovuto far pendere la bilancia dalla parte di una verifica più approfondita, cosa che invece non è stata fatta».

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