Omicidio Pamela, straziante sfogo della madre in risposta a Oseghale: “Sei un mostro e non mi fai pena”

12 Mag 2023 14:27 - di Redazione
Pamela

Omicidio Pamela, «adesso parlo io». Inizia così la lunga lettera «al carnefice di mia figlia» che Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, affida all’Adnkronos in risposta a quella altrettanto lunga che Innocent Oseghale, in carcere con l’accusa di aver stuprato, ucciso e fatto a pezzi il corpo della 18enne romana il 30 gennaio di cinque anni fa, aveva scritto nei giorni scorsi alla stessa agenzia di stampa.

Omicidio Pamela, la madre risponde alla lettera di Oseghale dal carcere

Una lunga, drammatica riflessione, quella della donna, che mette nero su bianco il dolore costante, vissuto dentro e fuori dalle aule di tribunale, nel ripercorrere le tappe del massacro della figlia. Uno sfogo amaro che non prova a nascondere, e forse non vuole neanche farlo, la rabbia e lo strazio che, anche a dispetto del tempo, non accennano ad attenuarsi… «È disumano e terrificante tutto quello che tu e i tuoi amici avete fatto a mia figlia – scrive –. È disumano il fatto che tu ancora non sia veramente pentito».

Un lungo, doloroso sfogo, che sfata i finti appelli al buonismo dell’assassino di sua figlia

E ancora, sfatando falsi pietismo e finti appello a un buonismo d’accatto, la mamma di Pamela replica al piagnisteo che il carnefice di sua figlia ha messo per iscritto qualche giorno fa. «Parli di pregiudizi legati alla tua condizione di immigrato che ha vissuto sulla propria pelle il viaggio in mare dalla Libia. Sostieni di aver subito violenze di ogni genere insieme ad altre persone sequestrate dagli scafisti. Aggiungi che mai e poi mai avresti violentato e ucciso Pamela. Basta! Basta nasconderti dietro a questa scusa».

«Basta! Basta nasconderti dietro la scusa della tua condizione di immigrato»

«Stai facendo fare brutta figura anche a tutte quelle persone che sbarcano ogni giorno sulle coste della mia amata nazione – prosegue la donna nel suo dialogo ideale indirizzato all’assassino di Pamela –. A te e ai tuoi amici vi abbiamo accolto. Abbiamo offerto cure, integrazione. E voi come avete ricambiato il favore? Rifiutando il lavoro perché preferivate delinquere? Approfittando della carità che il mio Paese vi ha dato? Violentando e massacrando con tanta cattiveria e precisione una ragazza di 18 anni?».

Omicidio Pamela, il grido di dolore della mamma vergato a caratteri cubitali

Uno sfogo riportato nero su bianco e punteggiato da calde lacrime, quello di Alessandra Verni. Un grido di dolore vergato a caratteri cubitali. «Ti ricordo – scrive ancora la mamma di Pamela, rivolgendosi a Oseghale – che tu avevi anche il permesso di soggiorno scaduto e chi doveva controllare che tu te ne tornassi al paese tuo non lo ha fatto. Quindi non parlare di razzismo con noi. Parli di fede, del cammino cristiano che hai intrapreso. Non immagini neanche cosa sia la fede».

«Perché, Oseghale, perché?»…

«In passato sei stato aiutato anche da persone del clero. In tutte le udienze ti ho visto con un rosario al collo. Anche Pamela ne portava uno al polso, ricordi? In una foto, quel polso con il rosario ha un profondo squarcio. Perché? Cosa dovevate nascondere? E la catenina con la Madonnina miracolosa che mia figlia indossava? Quella dovresti ricordarla visto che le hai fatto sparire anche il collo insieme ad altre parti del corpo. Perché, Oseghale, perché?».

«Non mi fai pena. Il mio dolore lo hai causato tu»

«Per tutto quello che hai fatto a Pamela, la mia Pamela, escludo che tu pregassi Dio. A me la fede sta aiutando a sopportare questo dolore immane che tu hai provocato. Ma cosa vuoi saperne, tu, di cosa significhi portare un fardello così e affidarsi a Dio. Non immagini le lacrime versate. Il dolore forte al cuore come fossero tante pugnalate. Che puoi saperne, tu, della voglia di riabbracciare quel corpo che tu hai stuprato, ucciso, scuoiato, fatto a pezzi?».

«Purtroppo Pamela ha solo incontrato mostri. E tu sei uno di loro: un mostro»

E infine. «Mi sembra che qui chi sta pagando e si farà veramente l’ergastolo sono io. Non mi fai pena»… Il mio dolore lo hai causato tu. Io ho ancora la speranza di riabbracciare in paradiso mia figlia e sappi che se un giorno si dovessero presentare alla mia porta i tuoi figli, io li abbraccerò, perché anche a loro tu hai distrutto il cuore. Hai scritto che, se avessi chiamato i soccorsi, forse Pamela si sarebbe potuta salvare. Si sarebbe salvata, se avesse incontrato persone degne. Purtroppo ha solo incontrato mostri. E tu sei uno di loro, un mostro».

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