Figli di coppie gay: da Torino l’appello dei sindaci Pd. Anche la Pascale in platea
Per la sinistra è la priorità delle priorità. Più della sanità, delle pensioni, del salario minimo, pur tanto strombazzato. Infatti, la mobilitazione scatta solo quando di mezzo c’è il gender, la sua vera ossessione. Prova ne sia l’arrivo oggi della carovana arcobaleno – 300 in tutto – al Teatro Carignano di Torino, su invito del sindaco Stefano Lo Russo. Obiettivo, manco a dirlo, lanciare un «messaggio al Parlamento» per chiedere parità di diritti per i figli delle coppie omogenitoriali. Collegati da remoto anche i primi cittadini di Milano, Napoli, Roma, Firenze, Bologna e Bari. Con quello di Torino formano una sorta di Magnifici 7: tutti del Pd, ovviamente. Apposta Lo Russo ha subito messo le mani avanti parlando di «proposta degli amministratori locali e non di partito». Pietosa bugia.
Da Torino aut aut della sinistra al Parlamento
In realtà è la tipica minestra riscaldata dei soliti noti: Alessandro Zan, Gustavo Zagrebelsky, Ambra Angiolini (tornata all’ovile dopo le critiche ricevute per la conduzione del concertone del 1° maggio), Luciana Littizzetto, Vladimir Luxuria. Presenti tutte le sigle dell’universo Lgbtqia+, dall’Arcigay a Diversity, passando per le Famiglie Arcobaleno e i Genitori Rainbow. Menzione a parte merita Francesca Pascale, in platea insieme alla compagna Paola Turci. Ad intervistare gli illustri ospiti, il direttore de La Stampa Massimo Giannini e la vice Annalisa Cuzzocrea. Alla fine, quello che emerso a Torino, più che un messaggio, è stato una sorta di aut-aut: o il Parlamento si piega al nostro diktat o, almeno in tal senso ha incitato Zagreblesky, sarà disobbedienza civile.
La sentenza della Cassazione
La richiesta del Pd e delle sigle arcobaleno riunite a Torino è finalizzata all’approvazione di una legge che consenta la trascrizione diretta all’anagrafe dei figli nati all’estero da coppie di persone dello stesso sesso. In Italia non possono nascere perché la nostra legislazione vieta sia l’adozione da parte di coppie gay sia il ricorso alla maternità surrogata. Esiste però una sentenza della Corte di Cassazione, i cui giudici hanno stabilito che i bambini nati all’estero con maternità surrogata devono essere riconosciuti in Italia come figli di entrambi i genitori con l’adozione in casi particolari, che richiede l’approvazione di un giudice, e non con la trascrizione diretta all’anagrafe. «L’ordinamento italiano – spiega la sentenza – mantiene fermo il divieto di maternità surrogata e, non intendendo assecondare tale metodica di procreazione, rifugge da uno strumento automatico come la trascrizione, ma non volta le spalle al nato».