Due detenuti muoiono a seguito dello sciopero della fame: ma non si chiamano Alfredo Cospito e tutto tace…
Due detenuti sono morti nel carcere di Augusta, nel Siracusano, a seguito di uno sciopero della fame. Erano in sciopero da 60 e 41 giorni. Uno, di nazionalità russa, condannato all’ergastolo, chiedeva l’estradizione verso il proprio paese, sin dal 2018: è deceduto in ospedale il 9 maggio. L’altro, un siciliano di 45 anni, di Gela, anche lui con un ergastolo da scontare, riteneva di essere stato condannato ingiustamente. Dopo il clamore mediatico su Alfredo Cospito, un silenzio assordante per queste morti.
Il sindacato: dall’inizio dell’anno sono stati 17 i suicidi in carcere
Il sindacato del corpo di polizia penitenziaria ha diffuso la notizia. Che il segretario Aldo Di Giacomo così commenta: “La grande attenzione mediatica sulle condizioni di salute di Alfredo Cospito, l’anarchico sottoposto al 41 bis protagonista di un prolungato sciopero della fame, è di colpo caduta di fronte alla morte nel carcere di Augusta, nel giro di un mese, di due detenuti anche loro in sciopero della fame. Per noi invece le vicende meritano la stessa attenzione e fanno salire il numero dei suicidi dei detenuti, che dall’inizio dell’anno sono 17 per un totale di 45 decessi (sono stati 84 i suicidi e 203 i decessi nello scorso anno)”.
I più fragili sono i detenuti giovani
“Anche i due decessi ad Augusta sono da considerare suicidi – spiega il sindacalista – e vanno ricostruiti i fatti così come sono accaduti. L’assistenza sanitaria deve essere garantita in ogni caso per mettere fine ad un alto numero di morti di cui, in troppi casi, a distanza di tempo non si conoscono le cause effettive. Intanto si aggravano due tendenze manifestate già nel 2022: si abbassa l’età dei detenuti suicidi (la media è over 40 con numerosi over 30) e il 40% dei decessi sono extracomunitari a riprova che i giovani, insieme ai tossicodipendenti e a quanti hanno problemi psichici e con essi i giovani stranieri sono i più fragili e vulnerabili”.
E’ necessaria una “completa informazione – sottolinea il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale – che deve fluire dagli istituti penitenziari all’amministrazione regionale e centrale affinché le situazioni problematiche possano essere affrontate con l’assoluta attenzione che richiedono”.