Strage di Erba, l’ira della Procura di Como: contro Rosa e Olindo prove incontestabili

28 Apr 2023 17:22 - di Redazione

È stato in silenzio per giorni e si intuisce la sofferenza che ora si coglie nel comunicato rilasciato da Massimo Astori, procuratore capo facente funzioni di Como in merito alla condanna all’ergastolo, in via definitiva, di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba, messa in dubbio dalla richiesta di revisione del processo firmata dal sostituto procuratore della Procura generale di MilanoCuno Tarfusser.

Una faccenda, questa della revisione del processo per la strage di Erba che porta a galla frizioni pesanti fra i magistrati.

Stupisce che la proposta di revisione, frutto dell’iniziativa individuale di un sostituto procuratore generale della Procura generale presso la Corte d’appello di Milano (l’ufficio che a suo tempo aveva chiesto la conferma delle condanne all’ergastolo nel giudizio di appello) – scrive con una certa vena polemica nel comunicato il procuratore capo facente funzioni di Como – sia stata rapidamente ed integralmente divulgata, prima della sua trasmissione all’autorità competente a valutarla e prima di un suo eventuale uso processuale”.

Secondo le norme interne dell’ufficio della Procura generale di Milano, spetta al procuratore generale vistare la richiesta, cosa che, al momento, la procuratrice generale, Francesca Nanni non ha ancora fatto.

Il procuratore capo di Como, che nel processo di primo grado rappresentò l’accusa contro i coniugi Romano, si dice stupito che l’atto di Tarfusser si “menzioni la collaborazione delle difese e il ricorso a non meglio precisate ‘fonti aperte‘ e che nel documento “siano contenute espressioni quali: ‘contesto che definire malato è un eufemismo‘ (riferito alle indagini), ‘condanna pronunciata in conseguenza di falsità in atti‘, uso pesante di fonti di prova come ‘grimaldelli per convincere i fermati a confessare‘” e che contenga contestazioni “‘al limiti della correttezza… metodi o tecniche idonee a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare al capacità di ricordare e di valutare i fatti’ o si parli di ‘manipolazioni da parte dei carabinieri‘” e altre frasi simili.

Espressioni, scrive il procuratore capo facente funzioni di Como in merito alla strage di Erba, che “contengono accuse di condotte abusive ed illegittime, se non di veri e propri reati, a carico di magistrati della Procura di Como, a distanza di 16 anni dai fatti, senza giustificazione alcuna”.

La procura di Como in questi 16 anni, dalla strage di Erba dell’11 dicembre 2006, “si è consegnata a un doveroso quanto rigoroso silenzio, guidata dal rispetto della legge, delle parti processuali e degli stessi condannati. – scrive Astori. – La Procura auspica che altrettanto rispetto sia adottato, nelle forme e nei contenuti, da tutti coloro che si accostano a questa drammatica vicenda, al cui fondo rimane li profondo dolore di chi ne è stato colpito”.

La procura di Como “tutelerà comunque, nelle sedi e con le forme opportune – avverte il procuratore capo facente funzioni di Como – l’immagine dell’Ufficio, a difesa dei singoli magistrati e della loro correttezza professionale” e lo fa pubblicando sul sito della procura lariana le sentenze di condanna della Corte d’assise di Como 26 novembre 2008, della Corte d’assise d’appello di Milano 20 aprile 2010 e della Corte di Cassazione del 3 maggio 2011.

“Le confessioni della strage sono state dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare, accompagnate da ‘ulteriori e decisive prove emerse… ognuna delle quali, anche da sola, avrebbe potuto condurre ad un giudizio di piena responsabilità degli imputati“, scrive ancora il dottor Astori, come riporta la sentenza di primo grado della corte d’Assise di Como, “spontanee, coerenti, e non indotte da suggerimenti od altro, ritrattate senza alcuna ragione o prova convincente, se non una scelta difensiva diversa“, non certo frutto di pressioni (ipotesi che ‘ha trovato secca smentita in pubblico dibattimento‘, corte d’Assise di Como)”.

“Le confessioni agli inquirenti sono state inoltre seguite, nei mesi successivi, da ulteriori dichiarazioni confessorie a più interlocutori e persino da appunti manoscritti contenenti chiare ammissioni vergati da Olindo Romano” e datati 4 aprile 2007, 5 maggio 2007, 12 giugno 2007, 23 agosto 2007, 4 settembre 2007, 6 ottobre 2007 (più altri quattro senza data) e da una lettera. Scritti “minuziosamente analizzatiin primo e in secondo grado.

“La ritrattazione è stata il frutto di un cambio di strategia processuale. Non si è trattato di ‘una decisione dovuta ad un ripensamento complessivo, ma ad un completo cambio di strategia, sembra – questo si – indotto da altri” scrive il procuratore di Como citando la sentenza della Corte d’appello di Milano e ricorsa che “lo stesso Olindo Romano aveva scritto ‘Gli avvocati vogliono rispondere anche loro con la carta stampata, troveranno penso un giornale che abbracci la nostra causa ma hanno chiesto se voglio scrivere qualche pezzo anch’io che poi verrà pubblicato – seminare dubbi incertezza caos nella stampa che ci è contro e agli imbecilli colpevolisti”.

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