Emanuela Orlandi, dopo l’audizione in Vaticano il fratello Pietro crede nella svolta: ho fatto i nomi, ora la verità
«Ho percepito che stanno cercando all’interno la responsabilità sulla vicenda di mia sorella… Dopo 40 anni, ho potuto sfogarmi e ho trovato disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto». Le parole del fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, dopo le otto ore di incontro di ieri con il Promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi, riaccendono la speranza che dopo 40 anni, ora possa esserci davvero una svolta. La ricerca della verità su quanto accaduto quel 12 giugno 1983 è da sempre una strada tutta in salita per il familiari della ragazza scomparsa. Una strada costellata da vicoli ciechi e depistaggi dove nomi, volti e accadimenti sono avvolti nel più fitto e lungo dei misteri.
Emanuela Orlandi: oltre 8 ore di colloquio tra Pietro e il Promotore Vaticano
Otto ore, allora, nel corso delle quali Pietro ha potuto mettere sul tavolo quanto dolorosamente raccolto in questi lunghi anni di ricerca della verità: una serie di messaggi su Whatsapp, i documenti di Vatileaks 2 e i dossier sulla scrivania di Ratzinger. E da subito l’incontro tra il Promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi e il fratello di Emanuela Orlandi, sembra far maturare un passo avanti. O almeno quella è la sensazione che ha lasciato l’incontro di ieri, cominciato intorno alle 15, e che il fratello della giovane scomparsa nel nulla da orami quarant’anni ha chiesto per rendere proprie dichiarazioni e offrire eventuali informazioni in suo possesso nell’ambito del fascicolo aperto dal promotore di Giustizia Vaticano a gennaio di quest’anno.
Al vaglio, dalla “trattativa Capaldo” al trasferimento di Emanuela a Londra
Dunque, Orlandi è stato sentito come «persona informata sui fatti», e spiega: «Abbiamo parlato di tante cose: della famosa “trattativa Capaldo”. Del trasferimento di Emanuela a Londra. Di pedofilia e degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso» con l’avvocato della famiglia, Laura Sgrò. Non solo. Più tardi, ospite di Giovanni Floris nella puntata di ieri, a DiMartedì Pietro Orlandi ha anche aggiunto: «Al promotore di giustizia vaticano ho consegnato le chat tra due cellulari del Vaticano e ho fatto i nomi delle persone che secondo me dovrebbero interrogare – continua Orlandi –. A quelli di alti prelati come il cardinale Re e altri personaggi eccellenti».
Caso Emanuela Orlandi, Pietro: «Abbiamo elementi nuovi, mi hanno ascoltato»
E ancora. «È stato un incontro lungo, ma positivo e ho sentito la volontà di fare chiarezza». Tanto che, a supporto di questa rinnovata fiducia, il fratello di Emanuela rivela anche che «Diddi mi ha assicurato che le indagini sono iniziate da parecchio tempo, hanno già dei documenti su cui lavorare: il mandato è di indagare a 360 gradi». Ma hanno anche «sottolineato che auspicano la massima collaborazione con la Procura di Roma e le altre istituzioni italiane. E mi auguro che le persone che ho nominato vengano tutte ascoltate perché da lì possono uscire delle risposte».
«Il promotore ha detto che non saranno fatti sconti a nessuno»
Un bilancio positivo, insomma, quello sul lungo colloquio di ieri, su cui Pietro Orlandi, in conclusione, osserva: «Sicuramente ci sono volontà interne al Vaticano. E forse c’è stato un cambiamento nella volontà – aggiunge –. Mi hanno assicurato che non c’è coincidenza con i funerali di Ratzinger perché le indagini andavano avanti da prima. Da Capaldo ai gendarmi, ai fatti di Londra: ho detto tutto quello che avrei voluto». E infine: «Il promotore ha detto che non saranno fatti sconti a nessuno. Sono convinto che Giovanni Paolo II e Ratzinger fossero a conoscenza dei fatti»…