Bertinotti demolisce la Schlein: il suo Pd è il prodotto di una “sinistra Sanremo” che strizza l’occhio ai liberal Usa

14 Apr 2023 10:29 - di Chiara Volpi
Bertinotti

Fausto Bertinotti non fa sconti a Elly Schlein, anzi il conto che le presenta è a dir poco salato… Così, se appena un mese fa intonava il de profundis ai dem di Largo del Nazareno, ai quali è arrivato addirittura a consigliare l’autoscioglimento – asserendo, sulla crisi endemica del partito e della sua neo-segretaria: «Ha investito un corpo quasi morto come il Pd – oggi, il vecchio leader della sinistra ci va ancora più duro. E in un’intervista a Il Giornale spiega come e perché la figura “liberal” di Elly continua a non convincerlo: «È una figura che proveniva dall’esterno del partito. Che ha un profilo vicino ai liberal americani e assai distante da quello dei leader del movimento operaio della sinistra italiana». Insomma, aggiunge a stretto giro il leader storico di Rifondazione Comunista, una donna appartenente a «una sinistra totalmente diversa dalla mia»…

Da Bertinotti il de profundis a Pd e Elly Schlein

Una sinistra, incalza Bertinotti nella chiacchierata con il quotidiano diretto da Minzolini, che è proprio “altro” rispetto alla sua concezione e alla sua esperienza politica. E infatti sottolinea: «Io penso proprio a un’altra sinistra. Dopo la grande sconfitta bisognerebbe pensare a due sinistre, proprio come nella tradizione del grande movimento operaio europeo: una sinistra riformista e una rivoluzionaria. Io lavorerei a una sinistra più simile alla France insoumise di Mélenchon, mentre la Schlein guarda legittimamente alla sinistra liberal americana sia sul terreno dei diritti. Sia su una linea di conciliazione tra capitale e lavoro. Un’ideanon solo di un nuovo Pd, ma di una nuova sinistra, quella di Bertinotti, in netta controtendenza con quella alla base delle intenzioni della Schlein.

«Pd e M5S sono espressione di una crisi, non una risposta»

Un confronto impietoso tra modelli politici, quello che propone l’ex leader di Rifondazione comunista, che lo porta a dire: «Podemos e France insoumise hanno fatto un discorso diverso, e non hanno cercato preliminarmente una qualche alleanza politica». Ossia, ribadisce Bertinotti, «una sinistra totalmente diversa da quella che abbiamo in Italia… Questo tipo di sinistra attualmente da noi non c’è. Pd e M5S, invece, sono lontanissime da costituire una rivitalizzazione della politica, ma sono espressione di una crisi e non di una risposta»… Immediata scatta la domanda sul capitolo populismo e sul «rischio di ritrovarci un Pd troppo populista». Una questione su cui l’intervistato replica tranchant: «Anche il M5s ha smesso di considerare una priorità questa dialettica di contrasto. Francamente in Italia non c’è traccia di un conflitto sociale come quello che si è visto in Francia con le proteste contro la riforma delle pensioni»…

«Il Pd liberal di Elly nasce dal modello Usa e dal Festival di Sanremo»

Una radiografia, quella che Bertinotti fa al Pd formato Elly Schlein, che non lascia presagire all’orizzonte via di fuga dalla crisi che ha investito la sinistra italiana. E che lo storico parlamentare del Prc vede incistarsi anche nel successo della neo-numero uno del Nazareno, su cui avverte: la sua affermazione «è più significativa per le domande che poneva, che per le risposte. È un qualcosa che si è manifestato con i movimenti giovanili, con il Festival di Sanremo o con Mare Fuori». Non cambierebbe nulla, quindi, se il Pd cambiasse nome in Partito Democratico del Lavoro? «No, come dicevano i latini, sono consequentia rerum, ma quando lo sono davvero. Non ci si può inventare partito del lavoro senza un’idea di conflitto tra capitale e lavoro. Mélenchon ha un’idea di lavoro e di stile di vita».

Bertinotti: «Il centrosinistra è finito. Per le forze d’opposizione non è la terra del ritorno»…

Una disamina che lascia poco spazio alla speranza di una rivitalizzazione proficua e duratura. Tanto che in una considerazione finale Bertinotti cala proprio la saracinesca sul centrosinistra italiano, teorizzando: «Io penso che il centrosinistra sia finito e che non sia stata la risposta alla crisi italiana, ma bensì sia stata proprio la sua crisi. Nel centrosinistra sono stati incorporati tutti gli elementi che ne hanno prodotto la crisi: il primato delle alleanze sui contenuti. Un’idea politicista del conflitto tra destra e sinistra. L’adesione alla centralità del governo e la trasformazione della lotta politica in una competizione elettorale fatta per vincere…». Concludendo: «Il centrosinistra non è, per le forze d’opposizione, la terra del ritorno»…

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *