25 Aprile, Ricolfi fiuta la trappola: «Sinistra pronta a strumentalizzare ogni parola di Meloni»

17 Apr 2023 10:30 - di Francesca De Ambra
Ricolfi

Mai come questa volta l’imminente ricorrenza del 25 Aprile assume il valore di un vero spartiacque politico. L’opposizione attende al varco Giorgia Meloni e i suoi ministri, pronta a strumentalizzarne persino i sospiri. Apposta pretende dal premier l’esibizione del certificato di “sano e robusto antifascismo” con la riserva mentale di respingerlo sdegnosamente al mittente. È quel che pensa un sociologo del calibro di Luca Ricolfi che, dalle colonne di Libero, ha esortato il presidente del Consiglio a non cadere nella trappola dell’abiura. «Non basterebbe – premette -. Direbbero che sono parole di circostanza, insincere. E alla prossima occasione pretenderebbero una nuova dichiarazione».

Il sociologo Ricolfi intervistato da Libero

Un gioco al rialzo, insomma, agevolato anche da gran parte della stampa, alla cui «faziosità» Ricolfi imputa «una parte dei nostri guai» in materia di mancata legittimazione politica tra le parti in contesa. Tanto è vero che, richiesto di dare un consiglio al governo, in vista delle celebrazioni per il 25 Aprile, risponde: «Esserci, dire quel che c’è da dire, e non rispondere alle domande dei giornalisti». Un consiglio in tutto coerente con le premesse del suo ragionamento. Tanto più, spiega Ricolfi, che «per molti l’aggettivo fascista è un passepartout sinonimo di cattivo, riprovevole, inaccettabile. Viene usato come arma contundente per etichettare tutto ciò che non piace, anche quando con il fascismo ha poco o nulla anche fare».

«Il premier in sintonia con la maggioranza degli italiani»

In proposito, il sociologo cita il discorso («il più ideologico e quindi il meno lucido») di Umbero Eco sull’Ur-Fascismo e il «fascistometro» di Michela Murgia, una sorta di test per scoprire quanto “orbace” c’è dentro ciascuno di noi. Insomma, è un film già visto: prima con Berlusconi, ora con la Meloni. «Ma adesso è meno facile colpire il bersaglio», avverte lo studioso. E questo perché «è una donna, e sta facendo una battaglia culturale che la sinistra non solo non ha capito, ma sta alimentando con il suo opporsi a cose sensate, come la battaglia per la promozione del merito». E soprattutto, sottolinea Ricolfi, perché la Meloni «è in sintonia con il senso comune, ovvero con il modo di sentire degli italiani». Mentre la Schlein, conclude, «è in sintonia con il modo di sentire del popolo di sinistra, che è solo una vasta minoranza».

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