Il duro attacco di Ricolfi: “A sinistra guardano con disprezzo i ceti deboli e la gente comune”

3 Nov 2022 9:46 - di Gabriele Alberti
Ricolfi

Non è vero che a sinistra non si chiedano perché il popolo preferisce i partiti di destra. Se lo chiedono eccome. E’ la risposta a questa domanda che rivela tutto il “disprezzo con cui i dirigenti della sinistra guardano ai ceti deboli e alla gente comune”. Il passaggio è contenuto nel nuovo libro del sociologo Luca Ricolfi, La mutazione (Rizzoli), di cui il Giornale e altri quotidiani pubblicano ampi stralci. Tesi e analisi urticanti per lo schieramento progressista, ma che lo studioso avanza – non da oggi- con grande onestà intellettuale, nonostante rivendichi la sua appartenenza a quel mondo. La critica è spietata. Il sottotitolo è: “Come le idee di sinistra sono migrate a destra”.

Ricolfi: ecco da dove viene “il disprezzo” della sinistra per il popolo

La risposta che da sinistra si dà alla domanda di cui sopra è questa: “Le destre parlerebbero «alla pancia del Paese», prospettando soluzioni semplicistiche, e solo per questo motivo riuscirebbero a intercettare il consenso popolare”. La visione sottesa a tale assunto è molto più che una banalizzazione: “La prima cosa che colpisce è il disprezzo con cui i dirigenti della sinistra guardano ai ceti deboli e alla gente comune. Ma come è possibile, mi sono sempre chiesto, che proprio i progressisti, che pretendono di battersi per i diritti degli ultimi, abbiano così poca considerazione per l’intelligenza, la sensibilità, il modo di ragionare dei ceti popolari? Da dove viene tanta supponenza? Che cosa li ha convinti che la gente non sia in grado di ragionare con la propria testa?”.

Il nuovo libro di Ricolfi: “La mutazione”

Ricolfi dà la sua interpretazione: “Alle volte mi vien da pensare che, a dispetto di ogni riconversione, revisione, autoriforma e sforzo di modernizzazione, gli eredi del Partito comunista siano rimasti profondamente e irrimediabilmente leninisti nell’anima. Prigionieri dell’idea che il popolo non sia in grado di prendere coscienza dei propri interessi da sé; e che per far maturare tale coscienza siano indispensabili le «avanguardie», guide politiche e spirituali delle masse incolte”.

Migranti e diritti civili: la sinistra ha abbandonato i diritti sociali

Ma veniamo al titolo del nuovo saggio del sociologo, La mutazione, appunto. E’ centrale in questa analisi l’abbandono dei diritti sociali a favore totalmente dei diritti  civili. Per Ricolfi che il grande cambiamento avviene con la caduta del muro di Berlino, all’epoca della cosiddetta «fine della Storia». E’ da quel momento che con l’ubriacatura per la globalizzazione trionfante “la sinistra abbandona quasi in toto le grandi battaglie per i diritti sociali (lavoro, studio, salute); per indirizzare tutte le energie su due sole questioni: diritti civili, difesa degli immigrati. Diritti gay, coppie di fatto, quote rosa, fecondazione assistita, maternità surrogata, stepchild adoption, eutanasia, depenalizzazione delle droghe, testamento biologico, linguaggio sessista, omofobia, transfobia, diritti degli immigrati, accoglienza sono diventate le grandi «battaglie di civiltà» della sinistra ufficiale negli ultimi anni”.

L’appoggio dei ceti medio alti

Non si potrebbero trovare parole migliori e dirette per segnalare come tale “mutazione” abbia fornito la convinzione alla sinistra di rappresentarsi in una sorta di “superiorità morale” come la “parte migliore del Paese”.  Una diagnosi che Ricolfi aveva iniziato a formulare in molti saggi. Inascoltato. Da tale analisi deriva la postura di una sinistra che “liberandosi della zavorra dei ceti popolari, ha in fondo trovato un suo equilibrio”. Una sorta di ‘ conforte-zone’. Fatta di una base sociale di ceti medio-alti i quali si appassionano alle “battaglie di civiltà”: cantanti, attori, giornalisti, professionisti. Attraverso i quali la sinistra si rafforza “nella propria autostima”. Mentre la difesa intransigente dei migranti costituisce l’ultimo appiglio con il quale  “può continuare ad autopercepirsi come paladina degli ultimi, anche se ha perso gli operai”.

“La censura è soprattutto di sinistra”

>Sono molti gli spunti di riflessione offerti da “La mutazione“. Tra i tanti, l’ossessione per il politicamente corretto. Nella convinzione che  “il potere si esercita essenzialmente attraverso il linguaggio(…).  Cambiare le parole – scrive Ricolfi- non significa cambiare la realtà; ma modificare il linguaggio permette di modificare i pensieri, e di ottenere comunque dei risultati, imponendo una narrazione dominante che orienta l’azione dei governi e, di conseguenza, influisce sulla vita dei singoli”. Quello che banalmente definiamo mainstrem. Un libro tutto da leggere. E’ la sinistra ad essere liberticida, in tal senso:  «Oggi, a disseminare di ostacoli la libertà di manifestazione del pensiero, provvede direttamente e spontaneamente l’establishment economico-culturale mediante la sua adesione senza riserve all’ortodossia del politicamente corretto. Un’adesione che, negli ultimi quindici anni, è maturata anche grazie all’esplosione dei social, sempre più capaci di intimidire imprese, piattaforme, istituzioni con il ricatto della cancellazione e delle campagne di biasimo». «Questa parte di establishment ha il compito di “vigilare” che siano posti in essere i caposaldi del politicamente corretto. Per questo “la censura, che nei primi decenni della repubblica era di destra, oggi – agli albori del terzo millennio – è soprattutto di sinistra”. Applausi.

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