Salvini sulle borseggiatrici incinte: «La gravidanza non sia alibi per evitare la pena»

21 Mar 2023 14:12 - di Marzio Dalla Casta

Chissà se Matteo Salvini non si sia ispirato proprio ad Adelina, la contrabbandiera napoletana impersonata da Sophia Loren nel primo dei tre episodi del film Ieri, Oggi, Domani, girato da Vittorio De Sica nel 1963. L’interrogativo è pertinente, almeno a leggere la proposta del leader leghista di affidare le ladre incinte a case famiglia protette, ove espiare la pena. «La gravidanza non sia un alibi», ha detto. E qui entra in gioco Adelina. Ricordate? Nel film lei vende sigarette di contrabbando, ma riesce ad evitare ogni volta il carcere perché all’arrivo dei carabinieri incaricati di stringerle le manette, le sue “colleghe” del vicolo li ricacciano con l’urlo «nun putite, tene a’ panza» («non potete, è in gravidanza»), seguito dal risolutivo sventolamento del relativo certificato medico da parte dell’ingravidata. Infatti, di figli Adelina ne tiene una caterva, per la disperazione del marito Carmine (Marcello Mastroianni), costretto agli straordinari coniugali pur di evitare alla preziosa consorte di finire dietro le sbarre. Al poveretto non è concesso sbagliare il tiro, e quando una imprevedibile défaillance lo costringe ad alzare bandiera bianca, finisce subissato dagli insulti delle venditrici abusive di sigarette di mezza Napoli. Certo, il contesto di Adelina – tra gli scalini di Forcella e il contrabbando che fu – non ha nulla a che vedere con le latitudini cui è abituato il lumbard Salvini. Ma è altrettanto vero che la sua Milano pullula di borseggiatrici incinte che proprio per questo la fanno franca. La qual cosa rende la sua proposta tutt’altro che sballata. E sì, perché un conto è vendere abusivamente sigarette, reato che un avvocato fantasioso potrebbe anche spacciare in tribunale come l’applicazione di un principio di sussidiarietà orizzontale, altro è sfilare il portafoglio dalle tasche di un passeggero della metropolitana o di un bus. Cosicché al difensore non resterebbe che defilarsi lungo la battuta scorciatoia dei disagi (economico, sociale, esistenziale e via elencando) o invocare la più aulica «clemenza della corte» con annesso minimo della pena. Proprio così: il «tene a’ panza» un senso ce l’ha, ma non per tutte.

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