Le poesie esistenzialiste di Rocco Casillo, malato “immaginario” solo nei versi che inneggiano alla vita
“Spero che le mie poesie possano essere d’aiuto agli altri”. Non spiega in cosa, però, il giovane Rocco Casillo, poeta d’ospedale, più che di strada, che in un volume dal titolo provocatorio, “Mi ho pensato“, manifesta tutto l’amore per se stesso e per gli altri, anche quelli che non sanno di lui, del suo dolore, o non capiscono. Il suo aiuto nasce con le parole, i versi, con i quali descrive la sua malattia, la sfida alla sanità forse più malata di lui, ma anche all’indifferenza di chi emargina negli atti e nel pensiero chi non si manifesta sotto i suoi occhi. La realtà che non si vuol vedere è sempre quella più difficile da raccontare: “Poca poesia per chi vive in questa cella, quanta poesia per chi guarda alla finestra…”, racconta Rocco, 22 anni, da poco liberato dalla sua prigione, un reparto del Gemelli nel quale una prof, Daniele Di Fiore, lo ha seguito e indirizzato per mesi anche nella letteratura, oltre che nell’ottimismo. “Mi ho pensato, guardando il dissidio umano il dissidio umano, diviso tra il sacro e profano. In mezzo nasce l’uomo, mi ho pensato, sedendo fianco al sano, perché malato io sono ed è lì che nasce il pianto. Mi ho pensato, stretto al letto dai pensieri di un malato, ed è lì che davvero ho nato. Mi ho pensato, chiuso in corpo ‘tto curvato, esposto il riso sul mio viso, per quello che ho penato…”, è il manifesto del poeta col pigiama. Che detta il suo decalogo per la lettura del volume: “Come, quando, con chi, dove, a cosa serve, in che preciso istante, quanti battiti avete, a chi pensate, cosa farete dopo…”. E’ questo l’aiuto che offre, le coordinate per il “durante” la lettura, metafora della malattia, e del “dopo”, finestra sul futuro al quale egli stesso tende. Un malato vero che “immagina” quando scrive..
Rocco Casillo nel racconto della sua prof Daniela Di Fiore
“Ho conosciuto Rocco in ospedale. Mi ricordo perfettamente quella giornata. Mi contattò la mamma, Carmela, Carmelina per tutti i piccoli degenti dell’oncologia pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma, per dirmi che Rocco, suo figlio, era ricoverato in Ematologia. Rimasi senza parole per qualche secondo, pensando a quando può essere beffarda la sorte, poi dissi a Carmela che sarei andata in reparto da lei perché avevo bisogno che mi firmasse un modulo per attivare la scuola in ospedale. Facendo lezione con Rocco mi resi subito conto che aveva della stoffa, una testa pensante...”, racconta Daniela Di Fiore, docente, giornalista e scrittrice, che per anni ha assistito negli studi i giovani pazienti oncologici al “Gemelli” di Roma.<
“A distanza di qualche anno ecco che che il mio studente ha confermato le mie aspettative. Con la pubblicazione del suo libro di poesie dal titolo ,appositamente politically (e grammaticalmente ) scorretto, ‘Mi ho pensato’ , Rocco ha affrontato con determinazione e, in alcune liriche con rabbia, tutte le sfumature della vita, gli alti e i bassi. Ed anche la copertina del libro, scelta da lui con cognizione di fatto, possiede colori sfumati e curve che rappresentano le montagne russe dove lui per primo è salito, come ognuno di noi almeno una volta nella vita. La sua poesia preferita, non a caso, è proprio ‘Mi ho pensato’ perché, futuristicamente senza punteggiatura, è drammaticamente autobiografica… Ho incontrato Rocco qualche giorno fa e gli ho fatto i complimenti. Ma poi gli ho chiesto ‘perché sei così arrabbiato in molte delle tue poesie?’ E lui mi ha detto che scrivendo le poesie si è rifatto alla filosofia di Levinas incentrata sull’Etica, che non è fatta solo di regole, ma anche di attenzione all’essere umano. Perché Rocco, nelle sue liriche, vorrebbe far capire che la vita non è fatta solo di superficialità e di indifferenza, ma anche e soprattutto di umanità, di solidarietà, di empatia…”.