Rapetto: Il cyber-attacco hacker? Sono anni che accade, sciatteria di chi non aggiorna i software

8 Feb 2023 14:10 - di Paolo Lami

Umberto Rapetto, già fondatore e comandante del famoso Gat, il Gruppo Anticrimine Tecnologico della Guardia di Finanza e attuale presidente dell’Autorità Garante della Privacy della Repubblica di San Marino: spiega, nei dettagli, parlando con l’Adnkronos,  cosa è davvero accaduto domenica quando si è pensato che l’Italia fosse finita sotto attacco di un gruppo hacker che agisce a livello internazionale.

Ha ragione chi minimizza – dice – perché domenica non è successo nulla di diverso e nulla di più rispetto a quello che si sta verificando ogni giorno da parecchi mesi. Ha ragione chi si spaventa perché la situazione – quella cronica – è effettivamente degna di essere presa in considerazione e meritevole di adozione di tutte quelle iniziative che continuano a farsi aspettare”.

Si continua a parlare di strategie e di pianificazione a medio e lungo termine – lamenta il generale – ma, forse, il caso di mettere temporaneamente da parte programmi quinquennali e occuparsi delle problematiche immediate”.

“Gli hacker – osserva Rapetto – hanno dimostrato di avere eccezionale capacità di penetrazione nei sistemi presi di mira e ad aiutarli c’è la sciatteria di chi non aggiorna i software di base e quelli di rete, spalancando le porte a chi ha cattive intenzioni”.

“Le condizioni di salute e lo stato di energie per sfidare chi aggredisce non si misura – mette in guardia il fondatore del Gat – con un apparente star bene in quel momento. – I criminali tecnologici potrebbero aver scelto di regalare una sorta di illusoria impermeabilità, così da far scendere le già ridotte cautele attualmente in esercizio”.

“Il fatto che le ‘macchine’ stiano funzionando – sottolinea Rapetto – non esclude che le loro viscere siano state divorate da malware in grado di mantenere una soddisfacente invisibilità. L’integrità dei sistemi – in una fase storica come quella che stiamo vivendo – non sgombra la mente dal sospetto che qualcuno ne abbia depredato il contenuto e (quasi fosse un paguro) vi abbia stabilito la propria abusiva ‘residenza’”.

“Sarebbe più corretto dire che ‘nessuna Istituzione o azienda’ ha lamentato disservizi evidenti durante quest’ultima settimana”.

Per Rapetto “gli obiettivi possono essere diversi e la loro spettacolarizzazione è inversamente proporzionale all’effettivo interesse dell’attaccante. Nessun hacker ha desiderio di far sapere di dominare un sistema che può mungere per il tratto a venire spiandone il contenuto, rivendendo le porzioni più riservate a imprese concorrenti, fornendo al committente (Governo, magari russo, o azienda) un costante flusso di informazioni top secret che garantiscono un fenomenale vantaggio competitivo sotto il profilo politico, economico, finanziario, militare”.

“Sbaglia – prosegue Umberto Rapetto – chi racconta di aver superato indenne una battaglia (ammesso poi che questo trionfo sia davvero da celebrare) quando è in corso una moderna ed imperitura Guerra dei Cent’anni. Ci saranno certamente picchi esponenziali nello scontro e nessuno sarà in grado di replicare perché la ‘sorgente’ degli attacchi è indefinita e indefinibile. E’ la asimmetria di questo genere di combattimento, asimmetria geografica e per entità delle forze in campo”.

Basta una ciurma di delinquenti tecnologici per mettere in crisi schieramenti che si dichiarano armati fino ai denti. Se si fosse studiata la storia – ammonisce il generale della Finanza– si saprebbe che sono mille gli esempi di assalti di squadrette che colpiscono a morte imponenti avversari”.

“A chi piace rammentare glorie del passato – conclude Rapetto – mi permetto di citare l’affondamento della corazzata della Marina Militare austriaca ‘Szvent Istvàn’ (Santo Stefano). Il 10 giugno 1918 i nostri Mas, comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo, diedero dimostrazione che Davide e Golia non erano soltanto un mito tirato fuori dalla Bibbia. Sul ponte di comando di quella nave da guerra erano tutti convinti che tutto fosse a posto. Il primo siluro fece capire loro che non era così…”.

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