Qatargate, restano in carcere Panzieri, Eva Kaili e Tarabella. Che ricusa il giudice istruttore Claise
È stata una giornata campale terminata a tarda sera, ieri, al Palais de Justice di Bruxelles per gli indagati del Qatargate, gli europarlamentari del Centrosinistra, Pier Antonio Panzeri, Eva Kaili e Marc Tarabella. Che restano in carcere. Così hanno deciso i giudici rigettando le istanze degli avvocati difensori dopo che il legale di uno dei tre, Marc Tarabella, aveva calato anche la carta della ricusazione del giudice istruttore Michel Claise per “legittimo sospetto“.
Secondo Maxim Toeller, l’avvocato difensore dell’eurodeputato belga, Claise avrebbe violato “chiaramente” il principio della presunzione di innocenza del suo assistito, anche nello stesso mandato d’arresto spiccato per il Qatargate.
I legali di due dei tre eurodeputati, in carcere nell’ambito dell’inchiesta per presunti fatti di corruzione mirati a influenzare i processi decisionali delle istituzioni Ue, stanno mettendo in atto ogni tentativo per tirare fuori i propri assistiti. E accusano i magistrati belgi che indagano sul Qatargate di usare la carcerazione in maniera impropria.
La richiesta di “ricusare un giudice non è una cosa che si fa alla leggera. E’ un atto grave, che ho deciso di fare perché ritengo che i diritti del mio cliente siano stati violati”, spiega l’avvocato dell’eurodeputato belga Marc Tarabella, Maxim Toeller, a margine della camera di consiglio a Bruxelles.
Marc Tarabella, sostiene il legale, “deve potersi fidare nel giudice istruttore e deve poter contare di avere un’inchiesta a carico ma anche a discarico. Ci sembra che, nel modo in cui il mandato di cattura è stato redatto, questa presunzione di innocenza sia stata violata. Per questo ci è parso necessario attirare l’attenzione dei magistrati a questo riguardo”.
A stonare, nel mandato, “prima di tutto è come sono formulate le frasi. Ci sono delle affermazioni, senza condizionali. Siamo all’inizio dell’inchiesta: è il primo atto contro Tarabella e non si parte dall’assunzione che abbia preso soldi. Noi – dice – contestiamo totalmente le accuse che gli sono rivolte e non possiamo accettare che in un atto procedurale sia indicato come un’affermazione che abbia preso quei soldi“.
Addirittura, secondo il legale le fughe notizie che ci sono state sono manifestamente orientate”. Accuse molto gravi lanciate fra i piedi dei magistrati che indagano su Qatargate.
“Ho potuto accedere al dossier” dell’inchiesta per presunta corruzione volta a influenzare i processi decisionali Ue “e posso dire – afferma l’avvocato di Tarabella – che ci sono altri elementi del dossier che non escono e, effettivamente, leggendo il dossier e leggendo la stampa, vedo che i leak sono stati manifestamente orchestrati. Lo deploro profondamente, perché è un attacco alla presunzione di innocenza”.
In questa inchiesta, continua, “le fughe di notizie sono assolutamente scioccanti. in un dossier di questo tipo, in cui sono in gioco questioni di democrazia, e sono sistematicamente orientate. Per quanto riguarda il mio assistito, sono costantemente contro Tarabella: quando sono a favore, non vengono rivelate. Per esempio il fatto che nessuna perquisizione abbia avuto esito positivo, stranamente non viene rivelato“.
“In questa inchiesta – continua l’avvocato di Tarabella – si ha l’impressione che si utilizzi la detenzione preventiva per fare pressione, per ottenere qualcosa da coloro che potrebbero pentirsi, privando altri, in particolare, dell’accesso ai loro figli. Penso che in un’inchiesta che tratta di un attacco alla democrazia, sia necessario ricorrere all’applicazione rigorosa della legge. E’ in questo modo che ne usciremo meglio”.
Non meno battagliero è Sven Mary, l’avvocato della politica greca Eva Kaili, già difensore di Salah Abdeslam, uno dei terroristi arrestati per gli attentati di Parigi.
A margine della camera di consiglio al Palais de Justice di Bruxelles e prima che venga comunicata la decisione dei giudici belgi di tenere in carcere Panzieri, Kaili e Tarabella, Sven Mary, che ha chiesto la libertà condizionale o, in alternativa, i domiciliari, attacca i provvedimenti dei magistrati: “Non è questione di cambiare le condizioni di detenzione di Eva Kaili. La questione è che, se qualcuno diventa semplicemente un simbolo e la detenzione verte sul simbolo, perché è nota, perché è la vicepresidente del Parlamento Europeo, non ha alcun senso – dice. – Bisogna che le condizioni per la detenzione siano soddisfatte. Oggi non ci sono rischi di collusione, perché la stampa è al corrente di pezzi del dossier che noi non abbiamo. Allora dire che Kaili rischia di inquinare le prove o di colludere…, faccio notare che sapete più cose voi degli avvocati della signora Kaili”.
Sven Mary lamenta che Eva Kaili, chiusa nel carcere di Haren dal 9 dicembre scorso, può vedere la figlia di due anni solo “due volte al mese”: “si trova in carcere da due mesi, lontana da sua figlia. E’ una situazione difficile. Deve essere rilasciata con condizioni, o almeno deve poter stare a casa con la sua bimba“.
Ma i giudici belgi non hanno ceduto su questo punto, né per lei né per Panzeri e Tarabella.
Ve lo immaginate se qesti avvocati fossero dovessero parlare con i nostri magistrati? Oltraggiare i magistrati criticandoli, non sia mai detto, un’altro mondo.
Per i “non lo sa chi sono io” la galera e’ un toccasana. Potrebbe far bene alla mente ed ausilia sicuramente il comportamento civico futuro. Chi sbaglia …paga.
I magistrati belgi non sono come quelli italiani che concedono la libertà provvisoria a cani e porci.