L’ex prefetto Pecoraro rivela particolari inediti sulla sepoltura di Priebke: il sindaco Marino mi chiamò urlando…

13 Feb 2023 11:36 - di Redazione

“Il nome di Priebke è tristemente famoso e a Roma tutti ricordano le Fosse Ardeatine, tutti conoscono il Male causato da quest’uomo, che per di più non si è mai pentito. Sapevo cosa stava per succedere ed ero molto preoccupato. Periodicamente c’erano state delle azioni di protesta nei suoi confronti, come pure iniziative nostalgiche, ad esempio la festa per i suoi cento anni”. Lo afferma Giuseppe Pecoraro, ex prefetto di Roma in un’intervista al quotidiano ‘La Repubblica’ realizzata da Ezio Mauro ricordando le ore successive alla morte di Erich Priebke. Avvenuta l’11 ottobre del 2013. Priebke fu uno dei responsabili dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui 335 civili e militari furono fucilati per rappresaglia dopo un attacco partigiano che aveva provocato la morte di 33 militari tedeschi compiuto da membri dei GAP romani contro truppe germaniche che passavano in via Rasella.

Pecoraro ricorda che “il professor Ignazio Marino, sindaco di Roma, quasi urlando, mi dice: ‘è morto Priebke, e io non ritengo di provvedere alla sua sepoltura. I motivi sono di ordine pubblico: tra i neofascisti che lo vogliono celebrare, la sinistra che lo vuole contestare, io non me la sento di ospitare rito funebre e funerale, e avverto il governo”. Il sindaco non può impedire che si svolga un funerale, ma può far sì che avvenga in forma privata”.

Si pone a quel punto il problema di cosa fare della salma. Ed ecco – prosegue Pecoraro – “che mi arriva un telegramma dalla Comunità lefebvriana di Albano Laziale, che si dichiara disponibile a officiare i funerali di Priebke. Non so se era la soluzione migliore, certo in quel momento era l’unica. Il sindaco non poteva rivendicare motivi di ordine pubblico, in quanto si trattava di un rito funebre in una cappella privata, in un suolo privato. Per cui non poteva interferire. Anzi, dovevamo sbrigarci perché gruppi di estremisti stavano arrivando da Roma. Per evitare il peggio annullo il funerale in attesa di trovare il momento opportuno per portare via la salma di Priebke”.

La soluzione alla fine fu la seguente: “A un certo punto mi trovai a pensare: ma era un detenuto… è morto da detenuto… Era la svolta. Quindi io potevo utilizzare la condizione giudiziaria di Priebke, detenuto, per arrivare alla sepoltura nel cimitero di un carcere. Così c’è l’inumazione della bara, ma il muro della prigione impedisce ogni pellegrinaggio e ogni oltraggio. Una soluzione capace di soddisfare i valori della democrazia e anche la famiglia Priebke. – conclude Pecoraro – Gli uomini che portano la bara nel cimitero non sanno di chi è la salma che viene sepolta. Sono andato per controllare l’esito finale di questa vicenda incredibile, e per avere la prova che lo Stato democratico in silenzio ha fatto il suo dovere. Oggi finalmente la vicenda Priebke è chiusa”.

Pecoraro spiega di essersi fatto fare dal Ministro dell’Interno “una delega per cui tutta l’operazione era coperta da riservatezza. Tutti dovevano mantenere il segreto”. Si occuperanno della sepoltura  «due carabinieri partiti da Roma con una zappa, un piccone e una croce che verrà messa sulla tomba, con un numero. Quel numero è riportato su un foglio che io ho custodito nella cassaforte in prefettura. Serve a identificare la tomba, se un giorno i figli vorranno visitarla”. Sono venuti? Chiede Ezio Mauro. «Non mi risulta». Pecoraro si è invece recato in visita alla tomba  «per controllare l’esito finale di questa vicenda incredibile, e per avere la prova che lo Stato democratico in silenzio ha fatto il suo dovere. Oggi finalmente la vicenda Priebke è chiusa».

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