Giuseppe Valentino, galantuomo della politica: contro di lui i Robespierre all’amatriciana

18 Gen 2023 11:32 - di Mario Campanella
giuseppe valentino

Essere Giuseppe Valentino, l’impronta del galantuomo. Diceva bene Mario Puzo quando affermava, nel suo capolavoro” Il Padrino “, che per abbattere una persona perbene bisognava mascariarla per poi, tranquillamente, toglierla dal giro. Hanno fatto questo, in Parlamento, contro Giuseppe Valentino, giurista calabrese, già parlamentare e sottosegretario alla giustizia, destinato a essere eletto membro laico del Csm, i pentastellati. Una rispolverata a una storia assurda, la complicità dei giornali partito progressisti, ed ecco il pacco confezionato.

Giuseppe Valentino, il requisito della reputazione

Per non creare problemi proprio alle istituzioni e consentire il funzionamento di Palazzo dei Marescialli, Valentino si è chiamato fuori dalla contesa. E così, ancora una volta, ha trionfato il fango giacobino di una sottocultura che si è insediata da tempo nel nostro Paese, facendo vincere il terribile teorema di Goebbels: inventare, calunniare, annichilire. Giuseppe Peppino Valentino, più ancora che di un curriculum prestigioso, è in possesso del requisito fondamentale che una volta si chiedeva agli uomini politici: la reputazione.

La sete dei Robespierre

Nipote dello straordinario senatore del Regno che ricostruì Reggio Calabria dopo il drammatico terremoto del 1908, parlamentare per quattro legislature, sottosegretario in via Arenula, soprattutto penalista appartenente alla tradizione forense romana, garantista autentico. Nel Consiglio Superiore ridisegnato dalla riforma Cartabia, dopo lo scandalo Palamara, avrebbe degnamente rappresentato quella doppia esigenza di trasparenza e autorevolezza richiesta e per questo Fratelli d’Italia lo aveva designato. Ma la sete dei Robespierre all’amatriciana non si soddisfa mai. Autoproclamatisi censori della morale ripercorrono pedissequamente l’insegnamento del libro di Puzo. Colpirne cento per educarne uno, ribaltando l’anatema degli anni settanta. Pazienza se il Paese si priva di un uomo di valore, ancora una volta, e se sotto il vestito della menzogna non c’è niente. L’importante è fare male, parlando parlando morir. Magari dimenticando quelle radici giuridiche mai studiate che hanno reso famosa l’Italia nel mondo.

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