Capitano Ultimo ricorda l’arresto di Totò Riina: «Era impaurito, sconfitto, tremava…»
«Di quel giorno ricordo i carabinieri che erano accanto a me, i loro sguardi, la loro umiltà, il loro coraggio, la loro semplicità. Ricordo il tempo, che aveva una dimensione fisica, l’attesa. E poi lo sguardo di Riina impaurito, come uno che tremava, uno sconfitto. Infine il vuoto, quando abbiamo iniziato a pensare alle altre battaglie. Cos’era quello, in fondo, se non l’inizio di una lunga battaglia?». A parlare all’Adnkronos è Sergio De Caprio, il capitano Ultimo che il 15 gennaio 1993, a capo dell’unità Crimor dei Ros dei Carabinieri, arrestò il boss Totò Riina.
Capitano Ultimo, trent’anni fa l’arresto di Riina
Sono passati trent’anni ma le emozioni più grandi De Caprio racconta di averle avute dopo, «quando mi sono letto le sentenze in cui Calogero, Stefano, Domenico e Raffaele Ganci e Francesco Paolo Anselmo seguivano giorno e notte Falcone, Dalla Chiesa, Borsellino e le loro scorte. Vedere i nostri carabinieri che hanno pedinato giorno e notte questi criminali, i loro figli e le loro mogli mi ha dato soddisfazione e orgoglio per aver combattuto bene, con la tecnica del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che si onora e si fa vivere con le nostre azioni. Il resto – risponde commentando la fiction in onda in questi giorni – va tutto bene».
«La mafia è la stessa di sempre»
Per il capitano Ultimo, che serrò le manette ai polsi del boss più sanguinario di Cosa Nostra, a distanza di trent’anni «la mafia è la stessa di sempre. Basta leggere l’ordinanza di custodia cautelare del gip Claudia Rosini del 2021 contro Giuseppe e Carlo Guttadauro: la mafia è esattamente la stessa – dice – ed evolve per linee di sangue. Occorre, quindi, una normativa diversa da tutte le altre strutture e una lotta diversa». Sergio De Caprio, messo in discussione, perseguitato dalla giustizia e assolto, all’Adnkronos sottolinea come la storia del frullatore mediatico nel quale finì dopo l’arresto di Totò Riina insegni che «da una parte ci sono quelli che si donano e servono lo Stato, dall’altra una marea di pagliacci che si servono dello Stato per fini propri e praticano il dominio».
«Avevano il giochino della trattativa…»
«D’altronde – precisa Ultimo all’Adnkronos riferendosi in particolare alle dichiarazioni agli atti di Salvatore Cangemi, di Anselmo e Calogero Gangi – queste menti raffinatissime hanno avuto buon gioco ad avere utili idioti che hanno indirizzato l’attenzione mediatica su semplici carabinieri, distogliendo invece quelli che hanno abbandonato e ostacolato Falcone dall’interno. Fa sempre audience parlare male dei carabinieri, e poi chi li difende?». «Pure i professionisti dell’antimafia sono in declino – aggiunge però De Caprio – avevano il giochino della trattativa che gli si è sgretolato tra le mani, sono riusciti a delegittimare le istituzioni e a minimizzare il ruolo di Cosa Nostra nelle stragi e forse se ne stanno rendendo conto. Alla fine sono rimasti nel nulla che sono, quello da cui venivano».