L’Iran teme gli esiti della rivolta e tratta con il regime di Maduro in cerca di una via di fuga

10 Dic 2022 19:38 - di Spartaco Pupo
Iran

Dopo tre mesi da quando è iniziata, la rivolta popolare contro la Repubblica islamica, in Iran, suscita speranze e aspettative. Che ora neanche i cinici più incalliti ai vertici del regime possono ignorare.

L’establishment khomeinista è in preda a una evidente paralisi decisionale, e non può più spacciare le azioni rivoltose per “disordini sporadici” fomentati da Israele, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia. O provocati da qualche gruppuscolo di secessionisti assoldati dai servizi segreti turchi o arabi.

Il potere di Khamanei è sempre più vulnerabile

Il potere della Guida Suprema iraniana, Ayatollah Ali Khamenei, è sempre più vulnerabile dopo che finanche la sorella, Badri Hossein, tre giorni fa, si è augurata “la vittoria del popolo e il rovesciamento dell’attuale tirannia al potere”. A fine novembre era stata la nipote, Farideh Moradkhani, a chiedere ai governi stranieri di tagliare ogni rapporto con il regime iraniano, e per questo è stata condannata a tre anni di carcere.

Il regime, finora pronto a reprimere il dissenso con ogni mezzo, inizia a perdere fiducia in se stesso e a paralizzare l’intera vita politica del paese. I cosiddetti “colloqui sul nucleare”, sbandierati per mesi come la panacea dell’Iran, sono stati “congelati” per via della cautela dei partner internazionali, che preferiscono attendere l’epilogo dell’attuale crisi.

I leader dei paesi industriali non si recano in Iran

I leader dei principali paesi industriali in cerca di accordi sull’energia si stanno recando dappertutto tranne che in Iran, fino a poco tempo fa il più grande esportatore mondiale di petrolio. Finanche la Cina ha sottoscritto un accordo di 60 anni con il Qatar sul petrolio, dopo che soltanto 8 mesi fa aveva firmato con il regime di Teheran un partenariato strategico ed economico di 25 anni, per un valore di 400 miliardi di dollari.

Le trattative con il regime di Maduro

L’isolamento estero e il riaccendersi dell’impetuosa rivolta in seguito alla morte della ventiduenne curda Mahsa Amini, dovuta alle percosse della polizia, ha indotto le autorità iraniane ad avviare trattative con il regime di Nicolás Maduro, probabilmente per organizzare futuri piani di asilo politico in Venezuela. Iran International, il canale televisivo in lingua persiana con sede a Londra, rivela l’avvio di colloqui tra l’Iran e “i suoi alleati venezuelani” con l’obiettivo di garantire asilo ai funzionari del regime in caso di peggioramento della situazione.

Pare che una delegazione di alti funzionari iraniani abbia visitato Caracas già a metà ottobre per assicurarsi che il regime di Maduro concedesse asilo politico in caso di “sfortunati incidenti”. Sempre Iran International fa sapere che da alcune settimane “due o tre voli al giorno” decollano dall’aeroporto Imam Khomeini di Teheran diretti a Caracas, con a bordo “una notevole quantità di merci”.

I capi dei pasdaran potrebbero trovare asilo in Venezuela

L’attendibilità della fonte diplomatica dell’emittente internazionale è data dal fatto che già a fine ottobre il quotidiano britannico Daily Express ha diffuso la notizia di funzionari persiani che cercavano nel Regno Unito passaporti utili ai capi dei pasdaran e alle loro famiglie per la fuga da Teheran. Nelle ultime ore si susseguono le notizie di alti funzionari iraniani che effettuano regolarmente trasferimenti di denaro all’estero e di proprietà di lusso vendute al di sotto del valore di mercato.

L’intesa tra i due Paesi si è intensificata

Ciò che avvicina sensibilmente il regime iraniano a quello venezuelano, oltre all’acceso antiamericanismo, è un’intesa in corso da tempo e di cui sinora si è giovato soprattutto Maduro per esigenze di sopravvivenza dopo l’inasprimento delle sanzioni economiche inflitte al Venezuela a partire dal 2019, quando presidente degli Stati Uniti era Trump. L’intesa tra i due paesi si è intensificata in questi ultimi mesi.

Accordo di cooperazione ventennale tra Iran e Venezuela

Nel giugno 2022, Iran e Venezuela hanno firmato un accordo di cooperazione ventennale a copertura di svariati settori, tra cui quello dei prodotti petrolchimici, dell’agricoltura, della cultura e del turismo. E 6 nuovi accordi per la cooperazione in ambito scientifico e tecnologico sono stati chiusi qualche settimana fa. Uno di questi coinvolge l’Istituto Pasteur dell’Iran e l’Istituto Venezuelano di Ricerca Scientifica, per la produzione locale di vaccini. Il ministero della Scienza venezuelano, Gabriela Jiménez, ha spiegato che questi accordi riguardano lo scambio tecnico e l’arrivo di personale professionale dall’Iran al Venezuela ai fini di una collaborazione per lo sviluppo di nanotecnologia, biotecnologia, petrolchimica, radiologia, fibra ottica e altri sistemi tecnologici.

La repressione dei diritti primari

In fatto di repressione dittatoriale di libertà e diritti primari e di crimini contro l’umanità, i venezuelani non sono certo secondi agli iraniani. Quindi l’intesa è anche sul piano politico. Le affinità si fanno sempre più strette per dubitare di quest’asse Teheran-Caracas, cimentata anche grazie alla diaspora sciita in Sud America che ha assunto un’importanza notevole sotto il profilo economico. I prossimi giorni potrebbero darci conferme ulteriori.

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