Il filo rosso che lega il Pci all’euroscandalo di Bruxelles: la solidarietà serve per fare affari

15 Dic 2022 10:16 - di Spartaco Pupo

Il malaffare non ha colore, è vero, ma da qualche tempo lo è di più. E chi pensava di avere visto il peggio nel sistema Riace e nella saga familiare dell’onorevole di colore, ora deve sopportare anche il disgusto per l’euro-scandalo di Bruxelles. Storie, persone e contesti diversi ma con un unico background.

La visione distorta della solidarietà

Ad unire queste vicende, al di là delle persone coinvolte, è qualcosa di più della mera violazione del codice penale, su cui si esprimeranno i tribunali. È una visione distorta della relazione politica con i più deboli e bisognosi, della solidarietà ridotta a strumento politico e affaristico.

L’accoglienza diventa pretesto per fare business

La sinistra ha stravolto il significato vero di solidarietà: ha trasformato quello che era un sentimento di fratellanza e donazione gratuita agli altri in investimento privatistico a fini politico-clientelari. Ogni ambito di solidarietà umana è diventato un potenziale settore da sfruttare in termini di profitto, dall’immigrazione all’accoglienza, dalle Ong ai diritti umani. Secondo i bene informati, il quadro a dir poco allarmante che emerge dalle inchieste è solo la punta di un iceberg, poiché tanti altri settori dell’ambito “sociale”, anche in Italia, potrebbero essere interessati da questo utilizzo perverso di danaro pubblico che, in apparenza, tutelerebbe gli immigrati, i poveri, i minori, i carcerati, l’antimafia, le donne, ecc., mentre in realtà soddisfa interessi privatistici di gruppi organici al variegato mondo della sinistra.

La presunzione di superiorità della sinistra

Tutto è in (s)vendita, non solo la solidarietà umana, l’ideologia e la coscienza, ma anche la tanto decantata superiorità morale. La vicenda politica della sinistra, infatti, è stata sempre accompagnata da una presunzione di superiorità che, motivata dall’egemonia culturale, le ha permesso molte volte di violare le regole dell’ordine civile con la certezza di impunità. La premessa illusoria della “lotta”, da Berlinguer in avanti, era che la differenza in politica non la fa l’idea, ma l’etica. E così hanno mandato al patibolo tutti i loro avversari, di destra e di sinistra, prima e dopo Tangentopoli come esseri “immorali” oltre che dalle idee politiche sbagliate. Mai un’autocritica, mai un’opera di introspezione. Il totalitarismo moralista e giustizialista ha mietuto vittime ovunque, tranne che a sinistra. E il mito della “diversità” morale sfuggiva alla legge perché era la legge.

La violenza legittimata come moralmente giusta alla fine degli anni Sessanta

Così la violenza di fine anni ‘60 fu legittimata come moralmente “giusta”, tanto che ai versi che Pasolini dedicò a suoi compagni sui fatti di Valle Giulia (“teppismo di eletta tradizione risorgimentale e di figli di papà”) opposero repliche durissime. Il terrorismo degli anni ‘70 fu scatenato grazie a chi diceva: “compagni che sbagliano”. Era quella una violenza politica endemica, fondata su un precetto morale: “Ti ammazzo perché sono meglio di te”.

C’è forse grande differenza tra il movente ideologico di quegli eventi e il totem della “disumanità” attribuita agli avversari in nome di una presunta superiorità nel modo di intendere la solidarietà?

Anche i quadri del Pci campavano di solidarietà

E se gli scandali odierni fossero un reliquato del meccanismo in atto già ai tempi del Pci? Quel partito, in fondo, creò generazioni di quadri e funzionari che campavano di “solidarietà”, creando non di rado condizioni di favore dal settore pubblico che spesso sfociavano nell’illegalità. Una illegalità rimasta finora pressoché impunita, ma che qualcuno in Italia, in Belgio e magari anche altrove, sta iniziando a svelare.

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