Elly Schlein si candida sulle orme del disastro Letta: accuse al governo, abbracci a Saviano e “Bella Ciao” per tutti

4 Dic 2022 13:18 - di Chiara Volpi
Elly Schlein

Il calendario delle candidature alle primarie del Pd segna che oggi è il giorno di Elly Schlein. L’occasione per lanciare il “suo” processo costituente – una creatura multiforme che nelle ultime settimane, a seconda degli aspiranti al trono della segreteria dem ha assunto varie facce – che sembra più un restyling del look che una vera rivoluzione strutturale. Non a caso, nella convention romana in cui ufficializza la sua corsa alla guida del Partito democratico, la deputata ed ex vicepresidente della regione Emilia Romagna sceglie di non parlare dal palco. Ma in piedi, contornata dalle persone arrivate per ascoltare le sue proposte. E con i fogli dell’atteso discorso poggiati su un leggio davanti a lei. È il primo segnale di riavvicinamento agli elettori? Un messaggio di attenzione e vicinanza ai problemi e alle necessità del Paese che ha voltato le spalle a una sinistra lontana, persa nei salotti dell’intellighenzia e irreversibilmente lontana da quello zoccolo duro dell’elettorato passato a puntare su un governo di centrodestra?

Elly Schlein si è candidata alla segreteria del Pd

Stando ad un primo ascolto del discorso della Schein sembrerebbe davvero che la sfida del cambiamento tanto atteso non registri molto altro. A parte una diversa scelta del linguaggio del corpo cambio di registro del suo Pd… Il resto, infatti, è soprattutto demagogia in pillole e immancabili attacchi all’avversario, percepito e descritto come un nemico. Ossia: demonizzato alla solita maniera. E allora, aprendo la convention a Roma dove è attesa la sua candidatura a guida Pd. Rivolgendosi ad avventori in attesa di proposte e soluzioni. E ai pochi volti noti presenti – ci sono la portavoce della conferenza delle donne Cecilia D’Elia. Arturo Scotto, voce di Art.1. L’ex Governatore del Lazio, Piero Badaloni. Peppe Provenzano, attuale vicesegretario del Pd e voce della sinistra interna del partito. E i parlamentari Michela Di Biase e Marco Furfaro – Elly Schlein dal Monk di Roma, prova a parlare alla base, da dentro a fuori del Pd. Ma la distanza siderale con la pancia del Paese non può ridursi alle solite invettive contro il governo di centrodestra e Giorgia Meloni premier…

Elly Schlein sulle orme (degli stessi errori) di Letta: le solite accuse a governo e Giorgia Meloni

E questo la Schelin, come tutti gli altri aspiranti segretari del Pd, dovrebbero averlo capito: dalla batosta elettorale del 22 settembre e dalla debàcle incassata da Enrico Letta, indotto ad abdicare proprio per gli stessi motivi. Ma sulle cui orme la Schlein sembra muoversi. Specialmente quando, pur premettendo di non essere lì «per una resa dei conti identitaria, ma per un nuovo Partito democratico». Perché «qualcosa non ha funzionato», invece si accomoda sull'”usato sicuro” dell’accusa stantia indirizzata a «questo governo – sostiene l’oratrice nella matinée domenicale – che in poche settimane, a sua detta, «ha mostrato il volto peggiore dell’ideologia della destra nazionalista». «Con la norma anti-rave… l’attacco al Rdc e una bella manovra contro i poveri» e bla bla bla… Una disamina che guarda più alla pagliuzza nell’occhio del prossimo piuttosto che alla trave che offusca la propria vista, quella della Schlein, a cui non poteva mancare – stante le premesse – il messaggio polemico diretto al presidente del Consiglio.

Niente di nuovo dal fronte del Pd: solite ingiurie, solito vittimismo…

Su cui si interpella: «Se Giorgia Meloni vuole aiutare le donne – incalza dopo averla attaccata su opzione donna – perché non approva un congedo paritario di mesi, come in Spagna e in Finlandia?». Senza dimenticare, ovviamente, di mandare «un abbraccio a Roberto Saviano» e di augurarsi «che la premier Meloni voglia ritirare la sua querela, perché è evidente la disparità di livello di tutele. E perché non si possono colpire gli intellettuali»… Un copione intriso dei soliti slogan e dei soliti moniti accusatori, solo un po’ più camuffati, insomma, quello della Schlein. Nel quale l’oratrice non può certo esimersi anche dal momento vittimistico. Quello che auto-celebra piagnucolando: «Non è sano» sostenere che «mi occupo solo di diritti civili. E questo solo per il mio orientamento sessuale: non è sano»… E allora, nuovo giro, altra corsa. Per il nuovo Pd, Elly Schlein immagina «un percorso collettivo plurale che porti un contributo alla costruzione di un nuovo partito, e questo senza esclusioni. Il nostro noi non è escludente, chi arriva oggi arriva alla pari», assicura.

E il rito vetero militante dei dem si chiude con Elly Schlein che canta “Bella Ciao”

Anche perché, numeri alla mano, tra correnti, incubo addii e fantasma della scissione che aleggia dall’alto verso il basso del Pd, su questo ha davvero ragione la Schlein: i dem devono ottimizzare le risorse. Tenersi stretti quelli che sono rimasti e cercare di accogliere il più ecumenicamente possibile chi potrà arrivare. Anche se i sondaggi, in questo, ancora non aiutano. Ma tant’è. E così, da Roma la Schlein annuncia ecumenica la sua candidatura:  «Con voi voglio diventare segretaria del nuovo Pd. Se lo facciamo insieme io ci sono, non mi tiro indietro… Questo Paese fa fatica a pensare che una donna possa farsi strada senza essere strumento di altro. Dimostreremo il contrario. Ai candidati uomini non si va a vedere chi ci sta dietro. Non ho mai accettato e non accetterei adesso la cooptazione». E sul fronte dell’accettazione, aggiunge e conclude: «Accetterò ogni esito del congresso. Prenderò la tessera del Pd per rispetto di questa comunità. Per entrare in ascolto e in punta di piedi». E infine: «Sono disponibile ad accettare ogni esito del congresso e a lavorare dal giorno dopo per l’unità. Un applauso agli altri candidati». Immancabile, alla fine del discorso, il rito che conclude l’evento: la Schlein che canta “Bella ciao” insieme ai militanti. Amen.

 

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