Diciamoci la verità: ci siamo abituati ai morti in Ucraina. Si chiama assuefazione, purtroppo…
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Assuefazione. E’ l’effetto classico dell’assuefazione, credo sia questo, che con molta semplicità ci fa superare quello che dovrebbe essere un ostacolo insormontabile per la coscienza: il numero di morti. Insomma, persone che perdono la vita, ogni giorno, a centinaia, tra civili, donne, bambini, soldati naturalmente. Ma per un meccanismo, presumo di autoprotezione della coscienza, che si attiva nella nostra mente, ignoriamo, o fingiamo di farlo, i morti lasciati sul campo di battaglia. E’ accaduto nelle guerre recenti, accade ogni giorno in Ucraina. Dallo scorso 24 febbraio, quando la Russia iniziò quella che definisce ancora “operazione militare speciale” in Ucraina, a oggi, le vittime civili nel Paese invaso sono state 6.702: è la stima dell’ufficio dell’alto commissario Onu per i diritti umani. Delle vittime stimate, 2.626 sono uomini, 1.794 donne, 174 bambine, 212 bambini.
I feriti fra la popolazione civile sono invece 17.181, sempre secondo l’Onu le cui stime, avverte, sono sicuramente al ribasso. Nel solo mese di novembre, le vittime civili sono state 162, i feriti 526. La crudeltà della guerra che cancella storie di vita, vite e sogni. La guerra che cancella per sempre famiglie, il loro presente ed il futuro di intere comunità. Tuttavia il processo mentale di somatizzazione della guerra, della morte, è lento si ma inesorabile. A dieci mesi dall’invasione russa dell’Ucraina se non è cambiato il dolore per quelle morti quotidiane, è certamente cambiato l’interesse e l’attenzione.
Il mondo va avanti, certo. Accadono cose incredibili, giorno dopo giorno, dunque l’attenzione si sposta altrove. Poi, ci sono i fenomeni di distrazione di massa, i mondiali di calcio ad esempio. Certo, lo slancio umanitario che ha segnato i primi mesi di guerra non si è esaurito, del tutto almeno, ma certo ha cambiato radicalmente la sua incisività. La questione ora è tutta o quasi, incentrata sugli effetti geopolitici, attenzione però perché quando pronunciamo il termine geopolitica, volutamente e chiaramente intendiamo geo-economici. Insomma una guerra è pur sempre economia. Quella delle armi, innanzitutto. Abbiamo svuotato tutti gli arsenali, sia in occidente che in Russia, neppure si trovano più proiettili e colpi d’artiglieria al punto che l’industria militare di settore è in affanno. Quella delle materie prime.
Abbiamo vissuto tutti l’articolata vicenda del grano ucraino nel Mar Nero; viviamo ancora le conseguenze della crisi energetica, gas e petrolio. Prepariamoci ora a vivere le conseguenze dell’esaurimento delle materie prime essenziali, sui mercati occidentali, quando inizierà la ricostruzione. Ecco, funziona così. Li definiamo effetti geopolitici; in realtà non sono null’altro che grandi interessi economici. Nel mentre però, continuano a morire centinaia di persone. Ma l’effetto classico dell’assuefazione alla morte, ha vinto anche questa volta la sua battaglia. di Lorenzo Peluso