Murgia peggiore di Saviano. La delirante difesa del “bastarda” alla Meloni: «Niente scuse»
Saviano ha fatto bene. Implacabile arrampicata sugli specchi della paladina di Saviano, Michela Murgia. La scrittrice, prima “voce” della claque dello scrittore, persevera nella volontà di fare una “lezionicina” al premier Meloni. Con la pretesa di insegnarle perché “sbaglia” nel procedere contro il “bastarda” pronunciato dall’autore di “Gomorra”. E invitando lo stesso presidente del Consiglio ad “avere lo stesso coraggio di Saviano”. Si spinge persino a confutare la verità dei fatti: ossia che all’epoca dell’insulto ignobile pronunciato in tv da Formigli Giorgia Meloni era la leader di Fratelli d’Italia e non il presidente del Consiglio. Per la scrittrice questo non è un fatto ma un’opinione personale. Infatti scrive sulla Stampa oggi in edicola: “Giorgia Meloni non ritira la querela contro Roberto Saviano perché – dice – quando l’ha fatta non era ancora la presidente del Consiglio. Sostiene che non sia un problema esserlo ora, perché i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge. Non è vero”.
Saviano, Murgia si arrampica sugli specchi per difendere il “bastarda” alla Meloni
Murgia non crede che i cittadini siano uguali di fronte alla legge. E questa è una notizia. E parte la “lezionicina”: “Chi ricopre un ruolo elettivo in Parlamento non è un comune cittadino davanti alla magistratura; altrimenti non sarebbe necessario richiedere tutt’ ora l’autorizzazione a procedere nel caso di perquisizioni o arresti di deputati e senatori. L’idea che qualcuno possa usare lo strumento penale per perseguitare un parlamentare è ancora presente nel nostro ordinamento; mentre non esiste alcuno strumento che possa impedire a un politico di usare le querele per intimidire chi lo critica”.
Per Murgia il “Bastarda” di Saviano vuol dire “critica”
Ancora una volta sentire definire “critica” l’epiteto “bastarda” è sempre più inaccettabile. Saviano ha definito il termine simbolo di “resistenza”, nella scorsa puntata di “Piazza Pulita”. Murgia in precedenza aveva inserito l’epiteto in un contesto di “cultura”. E oggi si tenta di derubricare l’insulto a “critica” politica. Forse non legge, la scrittrice. Critiche all’attuale premier scorrono a fiumi sui quotidiani, prima delle elezioni, dopo il voto, e ora alla prova di governo. Non risultano querele per questo motivo. La querela a Saviano ha una altro valore, come ha precisato il premier con parole chiare a tutti tranne che a Saviano e ai suoi paladini:
Su Saviano la pretesa di fare una lezione alla Meloni
“Io ho presentato la querela quando ero capo dell’opposizione. L’ho fatto non perché Saviano mi aveva criticato sull’immigrazione- ha spiegato nell’intervista al Corriere”- . Ma perché, nel tentativo vergognoso di attribuirmi la responsabilità della morte in mare di un bambino, mi definiva in tv in prima serata una “bastarda”. E quando gli è stato chiesto se quella parola non fosse distante dal diritto di critica ha ribadito il concetto. Non capisco la richiesta di ritirare la querela perché ora sarei presidente del Consiglio: significa ritenere che la magistratura avrà un comportamento diverso in base al mio ruolo; ovvero che i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge?” Ebbene, oggi la Murgia incredibilmente risponde che sì, non siamo uguali di fronte alla legge.
Il confine tra critica e insulto per la Murgia non esiste, se il premier è Meloni…
Poi, la mossa della disperazione. Murgia cita la “bufala” del Guardian, già ampiamente smascherata dal Secolo d’Italia e ripresa da altri quotidiani. Infatti la scrittrice si chiede: “Perché non la si può considerare una questione privata e la stampa internazionale – a differenza di quella locale – la racconta con incredulità? Perché è a rischio la tutela della libertà di opinione e di critica politica”. Ebbene, quell’articolo è stato scritto da un “amico di penna” di Saviano e strombazzato come “stampa internazionale”. A questo punto due indizi fanno una prova: si vuole arrivare alla possibilità di definire bastardo un politico di destra a piacimento, senza subirne danno, senza che nessuno replichiIl punto è proprio questo e le parole del premier al Corriere anche in questo caso sono state illuminanti: “Penso anche che una certa sinistra non debba considerarsi al di sopra della legge. Sto semplicemente chiedendo alla magistratura quale sia il confine tra il legittimo diritto di critica, l’insulto gratuito e la diffamazione».
Murgia difende Saviano, delirio finale: “Perché non si può chiedere scusa”
Ma Murgia da questo orecchio non sente. E questo confine, quando è in ballo Meloni, si può benissimo valicare secondo lei. Addirittura rilancia le accuse di Saviano facendole proprie. Incolpando Meloni di “responsabilità politica”, perché avrebbe “fomentato l’intolleranza verso i migranti”. “È a quella responsabilità che Roberto Saviano ha chiamato lei e Salvini: gridando quel «Bastardi, come avete potuto?» davanti al corpo morto di un bambino di quattro anni”. Ecco che si smaschera da sola. Allora fa benissimo Meloni a procedere contro Saviano, se l’accusa di affiancarla alla morte di quel bimbo viene persino reitarata nell’articolo. Anzi: “a quella responsabilità decine di cittadini e cittadine, continuano a richiamarvi anche oggi e per questo non si può chiedere scusa. Vorrei che Giorgia Meloni avesse lo stesso coraggio intellettuale e politico di Roberto Saviano”, conclude una delirante arringa difensiva. Stendiamo un velo pietoso.