Killer di Prati, arresti e perizie attestano: i giudici potevano fermarlo. Eppure era libero di uccidere…

26 Nov 2022 10:01 - di Greta Paolucci
Killer Prati

Le autopsie sui corpi delle 3 vittime del killer di Prati, straziate da molteplici coltellate. Le telecamere che lo ritraggono in Via Riboty con le mani sporche di sangue in tasca. E soprattutto i video mentre è in azione, registrati dallo stesso killer. E, soprattutto, le cartelle mediche e i precedenti giudiziari di Giandavide De Pau lo attestano e lo confermano: l’assassino delle prostitute poteva essere fermato. La sua indole violenta e il suo modus operandi brutale era noto da tempo a magistrati e medici specialistici che, in passato, hanno avuto a che fare con il suo caso. L’omicida di Prati, è emerso infatti in questi giorni, era stato prosciolto da un’accusa di violenza sessuale e lesioni per infermità mentale dopo che era stata disposta una perizia. Con il non luogo a procedere, i giudici avevano disposto il ricovero del 51enne per due anni presso l’ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino, dove venne poi ricoverato una seconda volta nel 2011.

Il killer di Prati poteva essere fermato

Lo sanno bene i carabinieri, che nel 2006 lo hanno arrestato per aver sequestrato e stuprato una prostituta brasiliana. Una ferocia, la sua, slatentizzata già nel 2006. E messa nera su bianco dai verbali dei militari che lo avevano arrestato quando, fingendosi un idraulico, si era introdotto nell’abitazione di una prostituta brasiliana con un coltello e due pistole. Poi, dopo averla violentata, costringendola a una fuga disperata che ha visto la donna lanciarsi dal balcone e correre insanguinata, in cerca d’aiuto, per le strade dei Parioli (altro quartiere signorile della capitale). Un copione “copia e incolla” di quanto accaduto e video-filmato giovedì scorso, 17 novembre in zona Prati. All’epoca, sedici anni fa, il giudice optò per il carcere, mettendo nero su bianco: «Sussiste il concreto pericolo di reiterazione del reati». Come sottolineando «la particolare violenza e capacità criminale dell’indagato». Dopo però, come troppo spesso accade, all’imputato fu concessa una misura alternativa.

Precedenti, arresti e perizie

Insomma, come scrive oggi la Repubblica in un servizio sul caso De Pau, «il lavoro dei pm e delle forze dell’ordine però si è scontrato con le norme, i cavilli e le perizie mediche che non hanno arginato la furia omicida. Non è la prima volta». E a dimostrazione di quanto appena asserito, il quotidiano diretto da Molinari, elenca i precedenti. Quello del 2019, per esempio. Quando i magistrati hanno concesso al 51enne «di patteggiare a un anno di reclusione una condanna per aver massacrato un barista dopo aver aggredito la figlia del boss Salvatore Nicitra».

De Pau aveva già fatto capire chi era

Nonostante i suoi servigi al capomafia Michele Senese. Malgrado «i precedenti per violazione di domicilio, ricettazione, lesioni personali, violenza privata, minacce e resistenza a pubblico ufficiale». E non è ancora tutto, purtroppo. Perché nel 2020 De Pau la passa liscia anche in occasione dell’arresto motivato dall’accusa di «aver gravitato intorno a una banda di narcos che si dilettava facendo estorsioni a mano armata, gambizzando le vittime e ripulendo il denaro. Il tutto con metodi mafiosi».

Il killer di Prati era libero di sfogare una ferocia inaudita…

Ogni volta, il killer delle prostitute se l’è cavata con un soggiorno in un ospedale psichiatrico (come nel 2008 e nel 2011 nella struttura di Montelupo Fiorentino). Con visite al dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1, dove neppure le diagnosi acclarate su referti che parlano di «disturbo di personalità borderline e disturbo di personalità antisociale correlati ad abuso di alcol e cocaina» lo hanno fermato. E dallo scorso aprile De Pau era un uomo libero. Libero di massacrare e uccidere, martoriando i corpi delle sue vittime.

Le autopsie attestano «un numero spropositato» di fendenti

Come dimostrano, drammaticamente, decine di coltellate su ognuna delle tre donne uccise a Prati. L’ultima, tragica testimonianza del profilo di «esagerata violenza» che definisce gli omicidi compiuti da De Pau. Esami autoptici che parlano di una decina di coltellate inferte alla colombiana Martha Lucia Torres Castano. Di una ventina di ferite riscontrate sul corpo di Xiuli Guo, uccisa durante un rapporto sessuale. E di «un numero spropositato» di fendenti inferti contro Li Yanrong», intervenuta in difesa dell’amica. Circa cinquanta coltellate che raccontano chi è De Pau. L’uomo che la giustizia, fin qui, non è riuscita a fermare.

 

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