“Genitore” sulla carta d’identità, il giudice dà ragione a due mamme. Il Viminale deciderà se impugnare la sentenza

16 Nov 2022 20:51 - di Redazione

La corretta dicitura sul documento della bambina è quella di “genitore” e non quella di “padre” e “madre”. Lo ha deciso il Tribunale civile di Roma che ha accolto il ricorso presentato da due madri, quella legale e quella adottiva, contro un decreto del gennaio 2019 (dell’allora ministro Salvini). Che impone sul documento la dicitura di padre e madre.

“Genitore” sulla carta d’identità, il tribunale accoglie il ricorso di due mamme

I fatti risalgono a risalgono a qualche mese fa, dopo la sentenza che riconosceva l’avvenuta adozione della bambina. La coppia di mamme si è presentata al Comune per chiedere la carta di identità. Ma lì è stato detto loro che serviva la scritta ‘padre e madre o chi ne fa le veci’. Le due mamme si sono quindi rivolte al tribunale ordinario. E il giudice ha accettato il ricorso. Secondo il togato il decreto oltre a violare le norme comunitarie e internazionali, riferisce Federica Tempori che ha assistito la coppia, è viziato da eccesso di potere. “Avevamo una sentenza di adozione passata in giudicato – spiega l’avvocato – e le mamme si sono presentate al comune per chiedere la carta di identità ma allo sportello, giustamente, hanno detto che non si poteva procedere con la dicitura neutra”.

Il Viminale deciderà se impugnare l’ordinanza

A quel punto la coppia si è rifiutata. E,  dopo un primo ricorso al Tar, si è rivolta al Tribunale ordinario. “Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, non si era espresso”, aggiunge l’avvocato delle due mamme, “spiegando che la competenza spettava al Tribunale ordinario”. L’ordinanza del Tribunale civile di Roma sulla qualifica di genitore nella carta di identità elettronica risale al 9 settembre 2022 e non è stata impugnata dal ministero dell’Interno. La decisione – fanno sapere fonti di Palazzo Chigi –  sarà esaminata dal governo con particolare attenzione. “Perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale”.

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