Selvaggia Lucarelli non voleva le scuse da Iva Zanicchi. Ne pretende l’umiliazione e la gogna?

11 Ott 2022 13:18 - di Vittoria Belmonte
Zanicchi

Non bastano le scuse di Iva Zanicchi a Selvaggia Lucarelli per quella parolaccia sfuggita all’orecchio di Samuel Peron durante la prima puntata di Ballando con le stelle. Che poi una parolaccia è una parolaccia. Un brutto parlare. Che non si fa mai. Contro uomini, donne, vecchi e bambini. Invece siamo nell’era del linguaggio riveduto e corretto, quindi c’è la parolaccia sessista che è doppiamente grave. Ma chi l’ha stabilito? Boh.

Per esempio, Zanicchi ha detto anche “ma vaffa… ” a Guillermo Mariotto. Ma quello si è fatto una risata. La parolaccia sessista, al contrario, suscita un dibattito nazionale. Con Selvaggia che cavalca l’offesa da oltre 48 ore deviando così l’attenzione dal fatto che lei sta in una giuria che deve dare voti a un concorrente che è anche il suo compagno di vita. E facendo dimenticare, anche, che la rabbia dei concorrenti verso le sue palette sferzanti si presume contrattualizzata. Nel senso che si intuisce che lei, in quella trasmissione, deve fare la “cattiva”. Un copione accettato e sottoscritto. Dal quale scaturisce la rissa verbale. L’insulto qualche volta. Un meccanismo che ha fagocitato Zanicchi (e Giampiero Mughini) e molti prima di loro. Ma Lucarelli ne esce sempre vincente perché non c’è niente di più interessante che fare la vittima vittimizzando gli altri.

Ora, nel caso della parolaccia sessista si inserisce un altro caso che interferisce con la politica. La leghista Susanna Ceccardi, europarlamentare, si è schierata con Iva Zanicchi. Ne discende dibattito indignato sul celodurismo del Carroccio. Selvaggia non infierisce più di tanto: “L’europarlamentare leghista Ceccardi solidarizza con chi dá della tro*a a una donna. Poi dice perché la Lega ormai la votano giusto i parenti”. Questo il suo commento.

Ma, come una matrioska, l’insulto sessista genera polemiche di ora in ora. Ed ecco che Iva Zanicchi se la prende con la conduttrice Francesca Fialdini, che l’ha messa a confronto domenica con Selvaggia Lucarelli e che secondo lei non è stata imparziale. “Sono andata in questa trasmissione – dice Iva Zanicchi – perché un impegno preso da un mese. Con sorpresa, non me l’avevano detto e c’era Selvaggia Lucarelli. Lei ha giustamente esternato le sue ragioni e io le ho fatto nuovamente le mie scuse. Poi però è successa una cosa. Quando lei sembrava rasserenata e carina, allora la conduttrice ha fatto il suo. Lo dico perché tanto a me non me ne frega niente. La conduttrice la rintuzzava e andava avanti, diceva delle cose anche abbastanza pesanti. Io mi sono sentita umiliata, offesa, perché avevo due che mi accusavano. Sì due donne che mi accusavano, mica più una. Francesca Fialdini tu hai fatto il tuo mestiere. Io speravo che tu essendo conduttrice potessi essere imparziale. Non è che ti sto accusando va bene così, ma speravo nell’imparzialità”.

Fialdini si precipita su Instagram per dare il suo contributo all’interessantissimo filone del #metoo nostrano: “Ripeterci che le parole che usiamo persino in un gioco o in uno show si trascinano dietro un certo tipo di cultura dominante ci fa solo bene…”. Sbam, altra sberla alla Zanicchi. Che ha oltre 80 anni.  E magari non ha compreso tutto questo dibattito, perché figlia di una diversa mentalità. E di una terra dove quell’insulto sessista è molto utilizzato. Lo utilizzò anche la Pausini , anche lei nata da quelle parti, durante un concerto. E proprio in quell’occasione fu bacchettata dalla Lucarelli. Che adesso ringrazia Fialdini per non essere stata imparziale.

Cosa si vuole in definitiva? Che un perenne marchio d’infamia pesi su Iva Zanicchi? Si vuole che venga squalificata? O semplicemente si prepara il terreno all’audience del prossimo sabato sera. Il sospetto, francamente, è che si punti alla gogna esemplare. Dimenticando che la punizione dovrebbe sempre essere proporzionata all’offesa (che nessuno nega vi sia stata). Ci vuole un attimo, del resto, a passare dalla parte della ragione a quella del torto.

 

 

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