Pure la Caritas critica il reddito di cittadinanza: meno della metà va ai poveri assoluti

17 Ott 2022 13:00 - di Luciana Delli Colli
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Sono quasi due milioni di famiglie nel nostro Paese che si trovano in una condizione in povertà assoluta. A certificarlo è il nuovo Rapporto della Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale, intitolato “L’anello debole” e diffuso oggi in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà. Più precisamente si parla di 1.960mila famiglie, per un totale di 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente). Una platea che solo per il 44%, sottolinea la stessa Caritas, è raggiunta dal reddito di cittadinanza, sebbene il sussidio vada a oltre 4,7 milioni di persone.

Il Rapporto della Caritas sulla povertà in Italia

In particolare, l’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020), mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%). I livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali all’età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto il la media nazionale). Tra il 2020 e il 2021, inoltre, l’incidenza della povertà è cresciuta più della media per le famiglie con almeno 4 persone, le famiglie con persona di riferimento di età tra 35 e 55 anni, i bambini di 4-6 anni, le famiglie degli stranieri e quelle con almeno un reddito da lavoro. È cresciuta meno della media, invece, per le famiglie piccole, con anziani, composte da soli italiani. Si rafforza, inoltre, nel 2021 la consueta correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione.

La Caritas: «Il reddito di cittadinanza solo al 44% dei poveri assoluti»

In questo contesto emerge che il reddito di cittadinanza aiuta poco meno della metà dei poveri assoluti nel nostro Paese. «La misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il Reddito di Cittadinanza è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Sarebbe quindi opportuno – sottolinea il rapporto della Caritas – assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti».

La necessità di «adeguati processi di inclusione sociale»

La Caritas, inoltre, richiama l’attenzione sul fatto che «vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto». Particolare attenzione, sottolinea il rapporto, «va data ai nuovi progetti programmi in partenza, finanziati dal Pnrr, tra cui Gol (Garanzia Occupabilità Lavoratori), un programma pensato per rafforzare i percorsi di occupabilità di disoccupati, lavoratori poveri o fragili/vulnerabili (Neet, giovani, maturi), beneficiari di RdC e di ammortizzatori sociali in costanza o assenza di rapporti di lavoro; si tratta di 3 milioni di persone da formare o riqualificare entro il 2025, di cui il 75% saranno donne, disoccupati di lunga durata, giovani under 30, over 55».

Il cardinale Zuppi: «L’ascensore sociale è guasto, si investa sull’educazione»

Per il presidente della Caritas Italiana, monsignor Carlo Roberto Redaelli, «se una persona sta affogando, bisogna cercare di tenerla a galla». Si tratta, ha detto, di garantire «una rete di sopravvivenza, di tentare percorsi di inclusione». Un’inclusione che, secondo il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, deve passare necessariamente attraverso un investimento serio sull’educazione. «L’ascensore sociale è guasto, è rotto da tempo e pochi sono interessati ad aggiustarlo», ha detto il cardinale, spiegando che nel rapporto della Caritas «alcuni dati che mi hanno molto colpito sono il problema dei giovani, il problema del Sud, il problema dell’educazione, cioè di come la povertà diventa ereditaria. Per spezzare l’anello, oppure per unire, l’anello debole lo devi rendere forte altrimenti si spezza tutta la catena. L’anello debole – ha osservato Zuppi – lo rendi forte ristabilendo l’educazione o investendo seriamente sull’educazione».

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