Pnrr, l’Italia ha speso meno del previsto. Nel 2023 bisognerà recuperare i ritardi
In attesa che si formi il nuovo governo la questione del Pnrr è passata in secondo piano ma i numeri stanno lì a ricordare a tutti, in primo luogo a chi dovrà tenere le redini del Paese, che esiste uno scollamento tra la spesa prevista e quella effettuata nel 2022 con le immaginabili ricadute sulla capacità di spesa degli anni successivi. Un tema che sarà il prossimo governo a dover affrontare.
Nella nota di aggiornamento al Def (Nadef) si stima infatti che dei circa 191,5 miliardi di euro che l’Ue ha assegnato al nostro paese soltanto 21 miliardi circa saranno spesi entro la fine dell’anno in corso. Ciò comporta che nel 2023 ne dovremo spendere il doppio.
Con riferimento specifico al 2022, possiamo osservare che il Def prevedeva una spesa totale di circa 29,4 miliardi di euro, ridotta poi a 15 nella Nadef (-14,4 miliardi). Se invece si considera l’intero percorso del Pnrr sin qui (quindi anche con i dati relativi al 2021) la spesa complessiva prevista ammontava a 33,7 miliardi di euro circa, con una riduzione complessiva di 13,2 miliardi.
Ne consegue che il ritardo dovrà essere recuperato negli anni successivi per concludere tutti i progetti entro il 2026. Secondo le stime della Nadef, dovranno essere spesi 40,9 miliardi nel 2023, 46,5 miliardi nel 2024, 47,7 miliardi di euro nel 2025 e 35,6 miliardi nel 2026. Molto di più di quanto speso complessivamente finora. Il che dà un’idea delle difficoltà che attendono il prossimo governo.
I ritardi nella spesa sono conseguenti ai problemi con le gare di appalto. Un esempio? Si pensi a ciò che è accaduto a Genova per la costruzione della diga foranea nel porto. La gara a fine giugno è andata a vuoto con il ritiro delle due cordate, motivato con il lievitare dei costi a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime, per cui la base d’asta era stata ritenuta troppo bassa. Quindi è stato rifatto il capitolato e solo una settimana fa l’appalto è stato aggiudicato al costituendo Consorzio con capogruppo Webuild SpA. Un investimento complessivo di 1,3 miliardi.
Questo esempio, che riguarda la più importante opera marittima mai costruita in Italia, rende bene l’idea dei problemi cui si va incontro nell’investire i fondi del Pnrr. Ostacoli che dilatano i tempi e che comportano variazioni significative nel cronoprogramma del Pnrr.
Da tenere presente, infine, che il dossier sui fondi Pnrr non ricade in capo a un solo ministro ma concerne vari ministeri in base alle risorse che il Piano assegna loro. Di certo sono maggiormente coinvolti il Mise, il ministero per la Transizione ecologica e quello delle Infrastrutture cui sono destinate quote di rilievo.