Le parole della Meloni sono nella Costituzione, ogni termine ha un suo peso e un suo valore

22 Ott 2022 13:45 - di Carmelo Briguglio
parole Meloni

Ah, quante cose vorrei scrivere sul valore delle parole, sul loro peso. Sulla “guerra delle parole” e dintorni. Ma finirei per perdermi tra Maestri e Critici della “parola di destra”. Magari cadrei nel tritacarne dell’irrazionalismo: tra l’appunto «alle parole senza idee» di Spengler e quello alle «idee senza parole» di Furio Jesi. Vi piacerebbe, eh? Non serve. É più utile, per chi si occupa di discorso pubblico, gettare un’ancora nell’oggi. Perché si é scatenata, adesso, la guerra delle parole contro il della neo-presidente del Consiglio. Lascio a studiosi di linguaggi e di semiotica il compito di riempire pagine, a favore e contro. A me interessa un campo ristretto. Quelle parole-chiave che Giorgia Meloni ha comunicato all’atto della formazione del governo: giornata politica – suvvia, diciamo storica – sennò cominciamo male.

Le parole della Meloni: «Nazione»? È nella Carta del ’48

Iniziamo dall’uso ripetuto del termine “Nazione”, invece che “Paese”, da parte della premier. Gridano allo scandalo. Ma secondo voi, mi metto a spiegare a uno come Tommaso Montanari, intellettuale di rango progressista, ma di deficitaria cultura politica, il come, il dove e il perché della nascita della Nazione. Non posso mai credere – giusto lui che si atteggia a “rettore della rivoluzione” – ignori che «il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione»: l’articolo 3 della Dichiarazione scritta da quelli che la rivoluzione la fecero davvero, sconvolgendo il mondo, la storia. Che la “Nazione” é espressione dei principi dell’ ’89, lo sa, no? Pure questo si sono persi a sinistra, nel pellegrinaggio dai diritti politici agli iper-“diritti civili”? Che dite? Boh..

Perché i Costituenti usano “Nazione”: io lo so, Montanari no

Vi dò però un verbo da diffondere e comunicare all’Altro: la presidente Meloni ha usato un concetto costituzionale. Ah, non lo sapevate? Beh, il Capo del governo e i ministri – partiamo da qui – oggi hanno giurato o no «nell’interesse esclusivo della Nazione»? Usando “Nazione” che é tratto dalla Costituzione “più bella”. Perché i Costituenti usano “Nazione”? Io lo so, Montanari no. Cavoli suoi. La nostra Carta ricorda ad elettori ed eletti: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione» (articolo 67″). La nostra Repubblica tutela «il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» (articolo 9). E gli impiegati pubblici – come il Magnifico, spiegateglielo – «sono al servizio esclusivo della Nazione» (articolo 98). Per non parlare del Presidente della Repubblica che «rappresenta l’unitá nazionale»”: della Nazione, non del “Paese”. Anche gli articoli 16 e 49 richiamano il «territorio nazionale» e la «politica nazionale».

Merito e Sovranità nei nuovi Ministeri? Legittimo

Il linguaggio della Meloni tende a sviluppare un’egemonia culturale attraverso il “lessico”? Fa la “gramsciana di destra”? Forse. Ma lo fa in modo ineccepibile, dimostrando di conoscere la Costituzione sulla quale ha appena giurato. Ah, dite che non gli é andata giù, di là, neppure la modifica delle denominazioni di alcuni ministeri? E che ci posso fare, io. Non gli é calato quel “Ministero dell’Istruzione e del Merito”? Vi vedono un tocco di “classe”, un non so che di ineguaglianza? Ma le vostre disquisizioni accusatorie «nel merito del merito» – scusate – tengono conto che il Merito é anch’esso in Costituzione? Ah, non ci avevate fatto caso? Eccolo qua: «I capaci e meritevoli», anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi…» (articolo 34). Mica, una banalità.

Alcuni esempi di articoli della Costituzione con le parole della Meloni “vietate”

Eh, sì lo so: mi volete dire che lo fanno apposta. Che di là non sanno perdere, che non conoscono la nobiltà della sconfitta. Qualche pagina di Verga o di Mishima o un po’ di che so, di Antonioni o Pupi Avati gli farebbe bene. Non esagerate, dai. Sì, lo so che sono incazzati neri anche per quel cambio in ministero “dell’Agricoltura e Alimentare”. Io lo capisco. Li capisco. Non sono abituati. Chissà che pensano: al sovranismo e robaccia così. Ma la parola “vietata” non é pur essa in Costituzione? Eh, sì: quella “sovranità” appartiene al “popolo”, formata e limitata come sappiamo, in articolo 1 e quell’altro benedetto articolo 11 che cita «limitazioni di sovranità», ancora lei.

Ma perché certi termini terrorizzano così tanto la sinistra?

Ma perché li terrorizza così tanto? I francesi l’adorano. Voi pensate perché Jean Bodin, che ne fece la sua teoresi esistenziale, é loro? Boh. Io vedo che Emmanuel Macron (che incontra la nostra premier) ha a casa sua il Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté Alimentaire e il Ministère de l’Économie, des Finances et de la Souveraineté industrielle et numérique.

Magistero, parola-omaggio della premier a Mattarella

Glielo ha spiegato così bene Italo Bocchino dalla Gruber. Avranno compreso? Ho capito: vi ho scocciato. Volete che smetta. Potrei scrivere ancora, eh. Solo poche parole sulla natalità elevata a dicastero: ma perché si arrabbiano? Il famoso “bonus bebé” che tanto gli piace non si chiama così: il suo vero nome é «assegno di natalità», istituito con la legge 190/2014. No, al tempo, non governava Giorgia, ma Matteo Renzi, capo dei dem. Non vi va bene? Prendetevela con lui o col Pd. Non con Mattarella, però, con quel suo «il tema della natalità rappresenta una vera e propria emergenza sociale» che difende con l’articolo 31 della Carta.

E tra le parole della Meloni che “calano storte agli avversari”…

Vabbè la chiudo qui. A me tutte ste parole “meloniste” mi piacciono soprattutto perché calano storte agli avversari. Ve lo confesso. Ma me la fate dire la parola che più mi é piaciuta del “président en rose”? É «magistero», riferita a Sergio Mattarella. Una finezza poco notata. Che é altezza. Di lessico. E di senso dello Stato. Levatura istituzionale e politica di lei che l’ha usata. Buon lavoro, signora Presidente.

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