Rubli ai partiti, il Dipartimento Usa tiri fuori i nomi o taccia. Il voto degli italiani va rispettato

15 Set 2022 10:21 - di Francesca De Ambra
rubli

C’è del marcio a Washington, e questa storia dei pizzini in cui il Dipartimento di Stato americano dice e non dice in merito ai presunti finanziamenti russi a partiti italiani lo conferma. Al voto mancano dieci giorni e non v’è chi non veda in queste fumisterie un tentativo di manipolarlo. Un paradosso, dal momento che l’accusa sottesa all’iniziativa degli Stati Uniti si prefigge proprio l’obiettivo di individuare nel Cremlino il regista occulto di una spectre in grado di condizionare le opinioni pubbliche europee. A questo punto, perciò, delle due l’una: o gli Usa tirano fuori i nomi di chi ha intascato i rubli oppure mettono la mordacchia alla storiella per impedirle di falsare l’esito del voto degli italiani.

Rubli alla Lega: Salvini pronto a querelare

Già, perché neppure a un bambino sfuggirebbe la circostanza che la vittima designata dell’«avviso di garanzia a stelle e a strisce» (copyright de Il Giornale) è il centrodestra avanti nei sondaggi. Fateci caso: non appena la bomba d’Oltreoceano è deflagrata, in Italia tutti hanno girato lo sguardo verso Matteo Salvini, costretto a minacciar querele contro chiunque avesse accostato la Lega ai rubli di Mosca. Ma analoghi sospetti hanno investito Forza Italia, provocando la netta smentita di Silvio Berlusconi. E persino Fratelli d’Italia, quantunque il presidente del CopasirAdolfo Urso, citando l’ex-ambasciatore Kurt Volker, abbia riferito che gli Usa considerano FdI «pienamente affidabile».

La manina del deep State

A chi giova questo polverone sui rubli russi a poco più di una settimana dalle elezioni? Non al centrodestra costretto, come abbiamo visto, alla difensiva dallo stillicidio di mezze notizie, fake news e falsi scoop. Più probabile che l’aiutino (come altro definirlo?) giovi soprattutto a chi è in palese difficoltà elettorale, come la sinistra, ad esempio. Non è un mistero che il deep state (l’insieme dei poteri e dei sottopoteri buro-tecnocratici) si senta molto più rassicurato dal Pd. Così come non è un segreto che più d’una cancelleria straniera non gradisca la vittoria della coalizione guidata da Giorgia Meloni. E questo spiegherebbe il fiorire di dossier, mezze voci e il ricorso alle barbe finte. È vero che quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Ma almeno non veniteci a raccontare che chi trucca le elezioni abita a Mosca.

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