Pd, Occhetto sferza i compagni del Pd: «Il vostro partito è a rischio scioglimento»

30 Set 2022 20:18 - di Francesca De Ambra
Occhetto

È l’uomo della svolta della Bolognina, quella – per intenderci – che trasformò il vecchio Pci nel Pds, il Partito democratico della sinistra. Oggi, a distanza di oltre trent’anni da allora Achille Occhetto mette in allerta i compagni del Pd esortandoli a non partire da «nomi e nomenclature» bensì dalle «idee». Diversamente, aggiunge «il Pd potrebbe anche sciogliersi». E questo è parlar chiaro, per altro dall’alto di un’esperienza che ad Occhetto ha riservato più amarezze che gloria. In molti, a cominciare da Massimo D’Alema all’epoca numero uno-bis del Partito comunista, la sua svolta non l’hanno mai veramente accettata fino in fondo. Anche allora dibattiti infiniti e analisi dotte.

Occhetto fu l’autore della svolta del 1989

E anche tanto sarcasmo. Come quello riversato sul “nome della Cosa“, il nuovo partito, che nessuno sapeva come battezzare. Il rischio oggi è simile: nomi, nomenclature, alleanze («stare con Conte o con Calenda»). Per questo, parlando con l’Adnkronos Occhetto auspica un confronto diverso. «Sarebbe importante che da un dibattito serio emergesse una ridefinizione complessiva dell’identità», dice. Se avvenisse, chissà, potrebbe anche riconsiderare il rifiuto ad iscriversi al Pd quando nacque nel 2007. «Non mi sono iscritto – ricorda – perché dissi che invece di essere un’unione alta tra le diverse componenti democratiche, laiche e cattoliche, è stata una fusione a freddo di apparati». È quello, a suo giudizio, l’«errore di fabbrica» da superare.

«Giorgia Meloni non è fascista»

Lo disse anche allora, ma inutilmente. Apposta dice di sentirsi un profeta inascoltato. Che oggi guarda sconsolato un Pd rivelatosi incapace di guardare ai bisogni veri delle persone. In nome, spiega, del «governismo che ha creato sofferenza e distanza con la base, rompendo un rapporto sentimentale». Una distanza colmata dalla destra. A tale proposito Occhetto dà un altro consiglio al Pd. «Dovrebbe tematizzare non tanto la questione del fascismo – premette -… Per me è evidente che Giorgia Meloni non è fascista. Ma ciò che va analizzato è l’ondata reazionaria che spira in Europa e che trova il suo fulcro in Orban e nella concezione di democrazia illiberale».

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *