La sinistra riesuma persino Pasolini per infangare la Meloni: risposta all’articolo di Belpoliti

14 Set 2022 14:40 - di Adalberto Baldoni
Meloni Pasolini

Per contrastare Giorgia Meloni, le sinistre hanno riesumato persino Pier Paolo Pasolini. Lo si deduce da uno scritto apparso il 12 settembre scorso su “ Doppiozero”, a firma di Marco Belpoliti, docente universitario, saggista, collaboratore di   “Repubblica”, della “ Stampa”  e del “Manifesto”. Belpoliti si è chiesto cosa direbbe Pasolini della situazione in cui ci troviamo, davanti a due schieramenti, uno di destra, guidato da Fratelli d’ Italia e uno di sinistra guidato dal Partito Democratico.

Belpoliti : “Cosa penserebbe Pasolini di un partito di Destra con la Meloni”

A parte il livore con cui ha affrontato i vari argomenti, ha dimostrato di conoscere solo per sentito dire la storia della destra in Italia. “ Di certo  – scrive Belpoliti – Pasolini che era un populista nel senso etimologico della parola – amava il popolo- si stupirebbe del ritorno di un partito di Destra che esibisce tra i suoi slogan: ’Dio, Patria e Famiglia’”.

Belpoliti: “La Destra non ha cultura”

“A dimostrazione – continua Belpoliti – che c’ è ancora una Destra senza cultura. Il suo credo si fonda ancora sul passato, sul fascismo; non ha saputo elaborare alcuna cultura, o meglio la trae dal populismo neoconservatore o addirittura reazionario. La distinzione tra Destra e Sinistra esiste ancora se i temi della democrazia continuano a permanere dirimenti, come quello della libertà. Forse avrebbe simpatizzato con Giorgia Meloni riguardo al tema dell’ aborto, cui Pasolini era contrario, ma questo tema andrebbe collegato, almeno per quanto riguarda il poeta, “a quello della sessualità, della particolare omosessualità di Pasolini che non è quella gay”…..

Assurdo collegare la stagione delle stragi con Giorgia Meloni

Oltre all’ aborto, lo storico ha toccato anche la vicenda delle stragi che hanno funestato il nostro Paese dal 1969 ai primi anni Settanta. Non si capisce francamente cosa c’entrino le bombe con il partito guidato da Giorgia Meloni. Probabile che la mente del docente abbia tracciato l’ album di famiglia della Meloni: fascismo, dittatura, seguace  ideale di Mussolini ( un capobanda come lo ha definito di recente Aldo Cazzullo, in un suo recente saggio ),  neofascismo, violenza, stragi, ecc. ecc.. Insomma, un  Mostro che minaccia la democrazia in Italia e in Europa.  Un bandito alla Mussolini, tanto per intenderci…… (soddisfatto Aldo Cazzullo ?). Alla fine dell’articolo Belpoliti ricorre di nuovo al poeta che- a suo dire-  aveva idee chiare su cosa sia stata e su cosa sia ancora la destra in Italia : “Nessuna cultura, nessuna idea nuova o capace di immaginare il futuro, solo ritorno al passato; o, forse potremmo aggiungere oggi, amministrazione dell’ esistente, ovvero conquista del potere”.

Ma Belpoliti ha letto Pasolini?

A questo punto (ma uno storico che si rispetti non dovrebbe essere obiettivo nelle sue valutazioni  ? )  tentiamo con serenità di fare chiarezza su alcune tematiche. Con i fatti e non con le chiacchiere.

Saluto e augurio”: la poesia di Pasolini

In una delle sue più belle poesie, Saluto e augurio, Pasolini si rivolge ad un “fascista giovane”, di 21-22 anni, per fargli un discorso che sembra un testamento.  Il poeta parla della Destra divina, idonea a difendere, conservare, pregare…. “Difendi i paletti di gelso, di ontano, in nome degli dei, greci o cinesi. Muori d’amore per le vigne. Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi. Per il capo tosato dei tuoi compagni. Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro pannocchie abbandonate. Difendi il prato tra l’ultima casa del paese e la roggia. I casali assomigliano a Chiese: godi di questa idea, tienila nel cuore. La confidenza col sole e con la pioggia, lo sai, è sapienza santa. Difendi, conserva, prega! (…) ma ama i poveri: ama la loro diversità. Ama la loro voglia di vivere soli nel loro mondo, tra prati e palazzi dove non arrivi la parola del nostro mondo (…) Porta con mani di santo o soldato l’intimità col Re, Destra divina che è dentro di noi, nel sonno. Credi nel borghese cieco di onestà, anche se è un’illusione: perché i padroni hanno i loro padroni, e sono figli di padri che stanno da qualche parte del mondo (…). Hic desinit cantus. Prenditi tu, sulle spalle, questo fardello. Io non posso: nessuno capirebbe lo scandalo. Un vecchio ha rispetto del giudizio del mondo; anche se non gliene importa niente. E ha rispetto di ciò che egli è nel mondo. Deve difendere i suoi nervi, indeboliti e stare al gioco a cui non è mai stato. Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odi: portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò leggero, andando avanti, scegliendo per sempre la vita, la gioventù”.

Pasolini e “la destra divina”

Nel pamphlet del giornalista e saggista Camillo Langone (Manifesto della destra divina, Firenze,Vallecchi, 2009)  è stata  pubblicata integralmente questa poesia. Nella presentazione del saggio, dopo avere riportato un’esortazione di Pasolini (siamo nel 1975, l ‘anno in cui è stato ucciso il poeta ) che invita a non temere la sacralità e i sentimenti “di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in bruti e stupidi automi adoratori di feticci”, si osserva che l’intellettuale, esprimendosi in questi termini, precorreva in “modo geniale il suo tempo e anticipava la contraddizione più lacerante del mondo contemporaneo. Il conservatorismo inteso come difesa dei valori dello spirito, come recupero di ciò che di buono aveva il nostro passato. Langone, saggista, inviato del “Foglio” e di “Libero,con questo saggio sollecitava a recuperare quella “destra divina” che Pasolini diceva chiusa “dentro di noi nel sonno”, a rispondere con ritrovato orgoglio e coraggio allo scetticismo e al materialismo imperate che toglie a ognuno di noi quello che ha di più caro: la propria dignità di uomo, la propria storia”.

La critica spietata all’omologazione

Il Pasolini di questa poesia (raccolta in un volume dal titolo La nuova gioventù), era un uomo che aveva accentuato la sua solitudine. Si era ulteriormente distaccato dal Pci riformista e borghese, ormai in combutta con la Dc. Condannava i velleitari e violenti gruppi dell’ultrasinistra; lanciava anatemi contro il potere democristiano, non comprendeva il permissivismo dei giovani; detestava la borghesia, denunciava il sorgere di una nuova ideologia, quella del consumismo. Che si era affermata nonostante le rivolte studentesche.

Cosa pensava Pasolini di fascismo e antifascismo

La nuova ideologia aveva portato la omologazione culturale che – scriveva sul “Corriere della Sera”-“riguarda tutti: popolo e borghesia, operai e sottoproletari. Il contesto sociale è mutato nel senso che si è estremamente unificato. La matrice che genera tutti gli italiani è ormai la stessa. Non c’è più dunque differenza apprezzabile – al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando – tra un qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionabile, fisicamente, interscambiabili. Nel comportamento quotidiano, mimico, somatico non c’è niente che distingua, ripeto, al di fuori di un comizio o di un’azione politica, un fascista da un antifascista”.  (Si veda: Pier Paolo Pasolini, Gli italiani non sono più quelli, in “Corriere della Sera”, 10 giugno 1974.).

“La vita è sacra”

Argomenti scottanti come l’aborto, la droga, lo stragismo, la criminalità e la violenza furono trattati da Pasolini con lucidità, onestà intellettuale e realismo. Erano temi che costituivano i cavalli di battaglia del Msi e dei giornali fiancheggiatori della destra. Sull’aborto (per la cui legalizzazione si erano battute strenuamente tutte le sinistre) Pasolini diceva: “Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio; la vita è sacra: è un principio più forte ancora che ogni principio della democrazia”. L’articolo sull’aborto, com’era da prevedersi, costituì un colpo allo stomaco per le sinistre e i radicali (con cui manteneva un ottimo rapporto). Da più parti (Goffredo Parise, Giorgio Manganelli, Italo Calvino ed altri) si levarono  reazioni, rumorose e spesso sarcastiche: Pasolini è contro la coppia eterosessuale perché  affronta questi problemi con la sua ideologia omosessuale. ( Si veda: Pier Paolo Pasolini, Sono contro l’aborto, in “Corriere della Sera”, 19 gennaio 1975.).

Contro la droga

Il fenomeno della droga, che riguardava indistintamente tutti i giovani, era causato specialmente dalla perdita dei valori (su tutti Dio e famiglia). Valori che dovevano essere veicolati, in un Paese cattolico come il nostro, dalla Chiesa. Ma la gente “non sentiva più non solo il prestigio ma neanche il valore della Chiesa” perché aveva “inconsciamente abiurato da una delle sue più cieche abitudini”. I valori ecclesiastici erano stati sostituiti dai “valori” edonistici. (Il pensiero di Pier Paolo Pasolini sulla famiglia e la Chiesa è contenuto in una serie di suoi interventi riportati nel suo libro: Scritti corsari, Milano, Garzanti, 1975-76, pp. 38 – 63.).

La critica all’economicismo

Pasolini aveva inoltre timore che un’esasperata, incontrollata rincorsa allo sviluppo economico, invece di apportare benessere e serenità, avrebbe potuto paralizzare tutte le conquiste dell’umanità (la crisi petrolifera che causava il blocco dei mezzi di trasporto e le altre misure di austerity per ridurre i consumi di energia) e provocare distruzioni e morti con l’inquinamento. Tecnologia e scienza, pertanto, diventavano “pericolose” e venivano considerate anche come strumenti del potere capitalistico, occidentale ed orientale: “Nei primi anni Sessanta –scriveva Pasolini-  a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta (….). Darei l’intera Montedison per una lucciola”. (Si veda: Pier Paolo Pasolini, Il vuoto del potere in Italia, in “Corriere della Sera”, 1 febbraio 1975.).

Il celebre articolo del 14 novembre 1974: “Io so…”

Sulla questione delle bombe…. Meritano particolare attenzione, nel contesto politico e sociale degli anni Settanta, le riflessioni di Pasolini su stragismo, golpismo e terrorismo in un celebre articolo apparso sul “Corriere della Sera” il 14 novembre 1974 : “Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che oggi viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna (treno Italicus. N.d.A.) dei primi mesi del 1974”. Un mese dopo, Pasolini, in un’intervista concessa a Massimo Fini (“Europeo”, 26 dicembre 1974), rinnovava il suo duro, spietato j’accuse contro la classe politica che aveva governato (e stava governando) il nostro Paese, sconvolto dalla violenza e dai tentativi golpisti. Anticipava di ben 14 anni l’atto d’accusa del presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul terrorismo e le stragi, Libero Gualtieri, che in una sua dettagliata relazione consegnata il 29 novembre 1988 ai commissari dell’organismo parlamentare chiamerà in causa, anche se indirettamente, i governi che si erano succeduti dalla strage di piazza Fontana in poi. L’analisi di Pasolini sorprendeva per la sua lucidità.

Un’analisi lucida

Prendendo spunto dalle indagini della polizia e della magistratura sulle “piste nere” Pasolini affermava: “Io ho un’idea, magari un po’ romanzesca ma che credo giusta, della cosa. Il romanzo è questo. Gli uomini di Potere, e potrei forse fare addirittura dei nomi senza paura di sbagliarmi tanto -comunque alcuni degli uomini che ci governano da trent’anni- hanno prima gestito la strategia della tensione a carattere anticomunista, poi, passata la preoccupazione dell’eversione del ’68 e del pericolo comunista immediato, le stesse, identiche persone hanno gestito la strategia della tensione antifascista. Le stragi, quindi, sono state compiute sempre dalle stesse persone. Prima hanno fatto la strage di piazza Fontana accusando gli estremisti di sinistra; poi hanno fatto le stragi di Brescia e di Bologna accusando i fascisti e cercando di rifarsi in fretta e furia quella verginità antifascista di cui avevano bisogno, dopo la campagna del referendum e dopo il referendum, per continuare a gestire il potere come se nulla fosse accaduto”.(“Europeo”, 26 dicembre 1974).

Attenersi ai fatti, basta fandonie

Una esortazione a docenti come Marco Belpoliti: dovere, soprattutto morale,  è quello di attenersi alla verità dei fatti, non alle fandonie.

 

 

 

 

 

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