Guzzanti e Orsina: “L’accanimento anti Meloni è un boomerang. Tutti se ne accorgono tranne Letta”

22 Ago 2022 17:03 - di Adriana De Conto
Guzzanti Orsina Meloni

Giovanni Orsina e Paolo Guzzanti da due tribune diverse bocciano senza sconti la campagna elettorale di Letta polarizzata contro Giorgia Meloni. L’ ordinario di Storia Contemporanea e direttore della School of Government della Luiss e l’editorialsita ed ex parlamentare rispettivamente da Libero e dal Giornale esaminano questa “deriva” della sinistra. E  quanto soprattutto la cosa produca un effetto boomerang per chi la cavalca. Il professore Orsina si sofferma a lungo nell’intervista di Fausto Carioti sul presidenzialismo, sul rischio astensione alle prossime elezioni e sulla crisi dei partiti. Riguardo alla campagna “ad personam” contro la leader di FdI  si dice niente affatto stupito e risponde con parole pesantissime.

Campagna anti-Meloni, Orsina: “Non mi stupisco, la sinistra è a pezzi”

«Figuriamoci. In una politica come quella italiana, prigioniera di un’eterna coazione a ripetere, come potrei essere stupito? Sarei stato favorevolmente sorpreso del contrario. La cultura di parte progressista è in pezzi, non riesce a capire più il mondo nel quale viviamo, non tira più fuori un’idea da anni. Di conseguenza è in pezzi la politica di parte progressista. Come avrebbero mai potuto resistere a rivolgere l’antifascismo contro Meloni? Troppo facile. E soprattutto: se non dicevano quello, avevano altro da dire?».

Orsina e Guzzanti:”L’antifascismo non funziona, la gente non ci crede più”

Si spiega ancora meglio il professore soprattutto sull’argomento numero uno usato come una clava:”L’antifascismo non funziona, anche perché è un’arma della quale si è enormemente abusato in passato e gli italiani non ci credono più. Del resto, se prima dici che Berlusconi farà un regime parafascista e quello non lo fa; quando poi dici che Meloni farà un regime parafascista, le persone non ti credono più. È la favola di “al lupo, al lupo”, insomma. Dal 1994 a oggi la sinistra postcomunista riesce solo, come si dice in inglese, a “preach to the converted”, a parlare al proprio elettorato “interno”. Con l’aggravante che questo si restringe sempre di più».

Guzzanti: “L’accanimento maniacale contro Meloni porta male al Pd”

La stessa metafora del ‘lupo al lupo’ si trova nell’articolo di Paolo Guzzanti che fa a pezzi “l’accanimento maniacale” di  Enrico Letta contro la  Meloni. “Gli intellettuali non ci credono, i politici neppure, meno che mai i cittadini. E alla fine si scopre che il tentativo di Letta di trasformare le elezioni in un duello western fra lui e Giorgia Merloni, porta male al Pd e porta ancora più consensi alla Meloni“. Lo hanno capito tutti tranne Letta a quanto pare. Perfino Giuseppe Conte non ha abboccato e ha detto in in televisione a Mezz’ ora in più di volere battere la destra sui programmi. “Sembra peraltro che alla campagna di Letta non abbocchi nessuno”, neanche Renzi che promette battaglie parlamentari aspre, sì, ma non per l’inesistente minaccia alla democrazia.

Guzzanti: “Nessuno abbocca tranne Letta”

“Nessuno, neppure fra coloro che detestano la Meloni si sentono di appoggiare la tesi”. Intellettuali, docenti, scrittori. “Walter Siti, molto popolare nella sinistra- ricorda Guzzanti- ha risposto alle domande di Huffington Post dicendo che pur seguitando a votare Pd, trova del tutto sbagliata la scelta di demonizzare la Meloni. “Ma quando un leader è in affanno e senza le idee chiare come evidentemente è oggi Enrico Letta, non sa resistere e tira quella maniglia d’allarme. La conseguenza inevitabile è uno sballottamento delle idee e delle posizioni che però non porta nulla. Questo, del resto, è quanto dicono i sondaggi che mostrano in costante ascesa i voti per Fdi e una crescente confusione nel campo che il Pd riteneva presuntuosamente molto largo“.

Il “Fatto” insiste contro la Meloni

Solo al Fatto quotidiano piace continuare a tambureggiare sul tasto antimeloniano. In particolare oggi si cavalca la tesi della  Meloni “maschilista” che non gioverebbe alle donne qualora diventasse premier: polemica aperta dalla Aspesi su Repubblica, stroncata da Marina Terragni e ora riportata in auge dalla studiosa della classicità Eva Cantarella, intervistata da Antonello Caporale: “Contano le idee, non il sesso. la Meloni non la voterei mai...

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