Governo, il penultimatum di Salvini: «Da ora in poi voteremo solo quel che serve all’Italia»

11 Lug 2022 9:12 - di Michele Pezza
Salvini

«Nessuno ci aveva detto che all’ordine del giorno del governo c’erano droga ed immigrati». Da Adro, provincia bresciana, Matteo Salvini la mette così. È solo la premessa di un annuncio impegnativo: «Da ora in avanti noi voteremo solo e soltanto quello che serve all’Italia e agli italiani. Il resto lo lasciamo votare a Pd e M5S». Parole che lasciano intravedere il secondo lato della morsa – il primo lo rappresentano i grillini di Giuseppe Contestretta intorno al governo. Certo, staccare la spina a Mario Draghi non è facile per nessuno. Tantomeno per Salvini, trattenuto nella sua strategia movimentista dal peso crescente dei governatori leghisti, a cominciare dall’emergente Massimiliano Fedriga che ha stravinto le recenti amministrative nel suo Friuli.

Salvini attacca gli alleati del Pd su Ius scholae e cannabis

Ma è una certezza anche il costante arretramento del Carrocio nei sondaggi e la difficoltà a stare in un esecutivo sempre più condizioato dall’ipoteca del Pd, come dimostra appunto l’insistenza di Letta su temi divisivi come lo ius scholae e la legalizzazione della cannabis. Due temi indigesti per l’elettorato leghista e che se riuscissero a diventare leggi renderebbero davvero irresistibile l’avanzata di Fratelli d’Italia nelle intenzioni di voto. Che è poi il vero motivo per cui Salvini è pronto alle barricate pur di impedirlo. L’aria che si respira in casa leghista è molto simile a quella che tira nel M5S.

La saldatura con Conte

A differenza di Salvini, però, Conte ha una data cerchiata in rosso sull’agenda: quella di giovedì prossimo, giorno in cui approderà al Senato il “decreto Aiuti“. Tra gli articoli del provvedimento c’è anche quello che riguarda il termovalorizzatore di Roma, fortissimamente voluto dal sindaco Gualtieri (Pd), ma fieramente avversato dai pentastellati. In realtà, più che al merito della questione Conte sembra interessato al dato politico, a come cioè rimettere in sintonia il Movimento con i propri elettori. È la stessa esigenza che avverte Salvini. Si tratta di un cruccio ricorrente per qualsiasi leader di partito. Ma per un governo può rivelarsi fatale se scatta a fine legislatura.

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