Fumogeni e bombe carta alla protesta dei taxi: «Se va avanti così, entro domani succede qualcosa»
Va avanti in un centro di Roma blindato la dura protesta dei taxi giunti a Roma in centinaia da tutta Italia contro il ddl Concorrenza. Dopo che alcuni di loro si sono incatenati davanti a Palazzo Chigi, dormendo lì e promettendo di rimanervi anche domani, altri hanno invaso via del Corso e le strade limitrofe, bloccando le strade e lanciando anche fumogeni, petardi e bombe carta.
I tassisti incatenati davanti Palazzo Chigi
I tassisti vogliono lo stralcio dell’articolo 10 del testo, che prevede la liberalizzazione della categoria, di fatto aprendo ai colossi come Uber, e chiedono una interlocuzione urgente col governo, ricevendo anche l’appoggio dei leader di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. «Siamo incatenati qui a Palazzo Chigi ormai da 24 ore. La nostra protesta è per richiedere almeno chiarezza alla Presidenza del Consiglio in merito alla vicenda dell’articolo 10 del ddl Concorrenza, che hanno scritto a novembre», ha spiegato all’Adnkronos, Alessandro Genovese, uno dei tassisti da ieri incatenati in Piazza Colonna a Roma.
La richiesta di essere ricevuti dal governo
«Secondo l’Europa e la Bolkestein i taxi sono fuori dalla concorrenza. Inoltre – ha aggiunto – il 29 maggio abbiamo scoperto che la Presidenza del Consiglio ha ricevuto il Ceo di Uber, mentre noi sono sei mesi che cerchiamo un’interlocuzione col governo. Domani l’articolo 10 andrà in votazione in commissione per poi andare al voto alla Camera. Noi continueremo la nostra lotta finché questo governo non ci riceverà o non darà risposte chiare. Non ci fermeremo».
L’avvertimento dei taxi: «Se non capita nulla, succederà qualcosa»
«Entro domani se non capita nulla succederà qualcosa», ha detto un altro manifestante, spiegando di non sapere se una delegazione sarà ricevuta in giornata. «È vergognoso, ci sono migliaia di famiglie che rischiano di finire sul lastrico», ha aggiunto, mentre risuonavano gli slogan del corteo della scorsa settimana, primo fra tutti: «La licenza non si tocca, la licenza non si tocca».