Mario Segni: «Se non si riforma il quorum, lo strumento referendario è praticamente morto»

13 Giu 2022 12:39 - di Giorgio Sigona
mario segni

«Se non si riforma il quorum, lo strumento referendario è praticamente morto. Lo dimostra il fatto che l’affluenza per il referendum è stata bassa anche nei comuni dove si votava per il sindaco, mentre il voto per le amministrative ha tenuto. È proprio il referendum che non ha attratto». Lo afferma Mario Segni, in una intervista alla “Stampa”, commentando il fallimento dei referendum sulla giustizia.

Mario Segni: «Campagna fiacca e oscurata dalla guerra»

«Certamente i quesiti erano ostici», puntualizza. «Ma la campagna è stata fiacchissima, oscurata anche da un evento drammatico come la guerra in Ucraina. Detto questo, bisogna avere il coraggio di ammettere che un altro tassello del nostro sistema costituzionale è saltato, credo definitivamente. Il quorum ormai è impossibile da raggiungere, con un’affluenza che anche alle elezioni è calata del 30-40% rispetto al ’48. È un altro tassello di un grande castello costituzionale che è invecchiato».

La soluzione che aveva studiato Barbera

In passato si era lavorato su una modifica del meccanismo di validazione dei referendum. C’era con una soluzione «studiata dal professor Barbera. Quella di fissare il quorum alla metà della partecipazione alle ultime elezioni politiche»,  continua Mario Segni. «Io credo che il referendum sia un istituto importantissimo per la democrazia. Ha permesso di decidere temi come il divorzio e la legge elettorale».

«Le legge Cartabia non basta, giustizia da riformare»

Referendum a parte, secondo Segni, per riformare la giustizia non basta l’intervento studiato con la legge Cartabia. «Non ha toccato e non può toccare, il tema del fallimento del principio costituzionale dell’autogoverno della magistratura, che ha capitolato. La vera riforma sarebbe la modifica del Csm, che si è dimostrato incapace di governare un settore cosi’ complicato e per questo serve una legge costituzionale. Con il Parlamento attuale non era possibile. Il governo non poteva fare di più», conclude Segni.

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