L’ira di Conte contro l’avvocato Borrè per i ricorsi degli espulsi. La replica: pronto a un confronto pubblico
Indispettito dal pressing giuridico che, da tempo, l’avvocato Lorenzo Borrè, vittorioso difensore in tutte le cause che gli espulsi M5S, suoi assistiti, hanno fatto contro i vertici Cinquestelle, il sedicente “avvocato del popolo” Giuseppe Conte reagisce come un bambino capriccioso battendo i piedi per terra.
E anziché rispondere per atti come si confà a un vero legale che si rispetti e come va da tempo, inutilmente, chiedendo Borrè, il traballante presidente pentastellato – in attesa della sentenza del Tribunale di Napoli che lo potrebbe disarcionare per la seconda volta dalla leadership grillina – chiede alla “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici”, di avere accesso alla corrispondenza tra Borrè, storico iscritto all’M5S, e la Commissione, allo scopo di “verificare eventuali responsabilità disciplinari” del legale.
Una mossa che svela la grave debolezza di Conte in questo momento delicatissimo con il verdetto dei giudici napoletani sulla leadership di Conte che potrebbe decapitarlo da un momento all’altro e con una debacle elettorale dell’M5S che ha lasciato il presidente Cinquestelle come un pugile suonato.
A cosa si riferisce Conte quando bussa alla porta della Commissione che approva gli Statuti dei partiti e apre loro la strada ai rimborsi milionari del 2 per mille?
All’inizio di marzo Borrè scrive alla Commissione che monitora la trasparenza dei rendiconti dei partiti.
L’avvocato ‘spina nel fianco’ dei grillini chiede “chiarimenti” sulla compatibilità tra il nuovo statuto del Movimento e le linee guida elaborate dalla Commissione per quanto riguarda l’iscrizione al registro dei partiti politici, chiesta dal M5S per ottenere il finanziamento del 2×1000. Un mucchio di soldi che potrebbero arrivare a breve nelle esauste casse dei grillini.
Secondo quanto detto qualche settimana fa al Secolo dal presidente della Commissione, il magistrato della Corte dei Conti, Amedeo Federici, si tratterebbe di una cifra vicina ai 12 milioni di euro.
Nella lettera Borrè evidenzia come, a suo avviso, alcuni articoli del nuovo statuto contrastino con il divieto di cooptazione e con il principio di accessibilità delle cariche previsti dalle linee guida della Commissione.
In pratica, secondo il legale dei ricorrenti napoletani, il nuovo Movimento targato Conte non soddisfa i principi di democrazia interna necessari per l’iscrizione nel registro dei partiti.
Il 10 marzo Conte riceve dalla Commissione la notifica della richiesta avanzata da Borrè. E il 25 maggio, su carta intestata del Movimento 5 Stelle, l’ex premier scrive alla Commissione chiedendo di “prendere visione” di “tutta la corrispondenza” intrattenuta tra l’organo di garanzia degli statuti e Borrè, “nonché, eventualmente, con altri iscritti al Movimento 5 Stelle, attinente alla richiesta di iscrizione” del M5S nel registro dei partiti.
Il motivo? “E’ interesse di questo Movimento – si legge nella lettera di Conte – valutare le istanze presentate dagli iscritti” al fine di “valutare se dette istanze, del tutto inammissibili come del resto codesta Commissione ha rilevato, contenessero indicazioni, valutazioni, deduzioni contrarie a quelle espresse dalla maggioranza dell’Assemblea degli iscritti, anche al fine di verificare eventuali responsabilità disciplinari degli istanti“. Cioè di Borrè in quanto iscritto M5S.
Interpellato dall’Adnkronos, Borrè riferisce che darà la sua disponibilità all’esibizione del carteggio: “Non ho alcuna obiezione, rimango in attesa di un riscontro da parte della Commissione alla richiesta di chiarimenti formulata nella mia nota di marzo.”.
Ma l’avvocato Borrè fa pure di più: “Sono pronto a un confronto pubblico con Conte, in quanto iscritto”, dice. Un confronto che per Conte rischia di essere devastante.