Ex marito violento, la Corte Ue dà ragione a Silvia: “In Italia ero senza giustizia, lui è nipote di un politico”
Adesso Silvia De Giorgi – 44enne padovana, interior designer a Milano – confida che questa sentenza possa segnare la strada per aiutare altre donne: l’Italia è stata infatti condannata dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) per il “trattamento inumano e degradente” ricevuto dalla donna, perché le autorità non hanno agito per proteggerla dall’ex marito violento.
Tra il 2015 e il 2019 Silvia ha denunciato 7 volte l’ex marito, da cui era separata dal 2013, per averla minacciata di morte, colpita con un casco, averle messo telecamere in casa, perseguitata, seguita e molestata, per non aver pagato gli alimenti e aver maltrattato i tre figli. I giudici di Strasburgo chiamano in causa l’inazione dei magistrati stabilendo che l’Italia deve versarle 10 mila euro per danni morali.
A La Stampa la donna spiega che dopo le denunce non è cambiato nulla. «È stato denunciato d’ufficio, dalle forze dell’ordine, dai servizi sociali. Io stessa l’ho denunciato sette volte in sede penale, non so quante in sede civile. Ma i magistrati hanno sempre tenuto nel cassetto le pratiche, probabilmente perché il mio ex marito è nipote di un personaggio politico di un certo peso».
Silvia parla dell’ex: “Ho presentato 7 denunce, tutte archiviate”
Nonostante i rapporti dei Carabinieri e dell’ospedale, e anche dei servizi sociali contengano le prove di quanto la donna afferma, segnalano i giudici di Strasburgo nella loro sentenza, i magistrati incaricati di valutare il caso non hanno preso alcuna iniziativa per rispondere alle denunce della donna, e la loro inazione, afferma la Corte di Strasburgo, ha creato “una situazione di impunità” per l’ex marito, che deve essere ancora processato per un atto violento commesso il 20 novembre del 2015, mentre restano in sospeso le inchieste sulle denunce che risalgono al 2016.
Silvia, che vive a Cervarese Santa Croce, un comune in provincia di Padova, si era rivolta alla Corte di Strasburgo nell’aprile del 2019 affermando che le autorità, per inerzia e indifferenza, non hanno protetto lei e i figli dalla violenza dell’ex marito né impedito che continuasse. E nel ricorso aveva evidenziato anche che la prima udienza per i fatti del 20 novembre 2015 si era tenuta il 13 aprile del 2021 e che il reato cadrà in prescrizione l’anno prossimo. il governo si è difeso affermando che le autorità “non sapevano e non potevano sapere che Silvia e i suoi figli erano in pericolo”. E che la donna, nonostante le sette denunce presentate, “non ha mai dimostrato di essere vittima di abusi e violenza domestica o che viveva temendo di essere aggredita”.