È morto Raffaele La Capria, lo scrittore 99enne che ha amato Napoli e Ilaria Occhini “fino all’ultimo”
Alla soglia dei cento anni è morto a Roma Raffaele La Capria, una delle voci più incisive e garbate del secondo Novecento. Una longevità e una energia intellettuale, le sue, scandite nel corso degli anni da successi editoriali e premi culturali. Vincitore, tra l’altro, del Premio Strega nel 1962 con il suo capolavoro Feriti a Morte, denuncia del malgoverno partenopeo. Un titolo emblematico, il suo, alchemica mistura di impegno civile e analisi letteraria incentrate sull’amore per Napoli e la napoletanità. Una passione che ha portato nel mondo. E una capacità affabulatoria, la sua, che lo scrittore ha regalato al pubblico, elargendo successi su più fronti: dalla letteratura alla linguistica, passando per il cinema e il giornalismo. In veste di sceneggiatore, per esempio, come quando nel 1963 vinse il Leone d’oro al Festival di Venezia per la sceneggiatura di Mani sulla città dell’amico regista Francesco Rosi.
È morto Raffaele La Capria scrittore e sceneggiatore che ha celebrato Napoli nel mondo
Una personalità poliedrica, la sua, corroborata da una inesauribile curiosità intellettuale che, dopo la laurea in giurisprudenza conseguita all’Università degli Studi di Napoli, Federico II, a viaggiare e a mettersi alla prova già ventenne quando, dopo aver soggiornato in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, nel 1950 decide di trasferirsi a Roma. Un napoletano doc, figlio della diaspora partenopea, che ha internazionalizzato talento e stile, sempre però animato da un incrollabile amore per le sue radici. E allora, collabora alle pagine culturali del Corriere della Sera. Dal 1990 è condirettore della rivista letteraria Nuovi Argomenti. È autore di radiodrammi per la Rai. Ma, al tempo stesso, firma le co-sceneggiature di molti film di Francesco Rosi– tra i quali Le mani sulle città, come detto, e Uomini contro – così come collabora con Lina Wertmuller alla sceneggiatura – guarda caso – di Ferdinando e Carolina.