Addio a Gianni Clerici, il poeta del tennis. Scrisse un libro sul Duce contro lo scempio di piazzale Loreto

6 Giu 2022 18:21 - di Monica Pucci

“Wimbledon è qualcosa di più di un torneo, è una religione. La gente va lì, fa la fila ai cancelli da due notti prima, ma non solo per andare a vedere Nadal piuttosto che Federer. Wimbledon è il Vaticano del tennis. È come per un cattolico andare in pellegrinaggio a San Pietro”, è stata una delle due definizioni più belle. Gianni Clerici, lo “scriba”, il noto giornalista e scrittore, firma storica di “Repubblica”e tra i massimi esperti al mondo di tennis, è scomparso all’età di 91 anni a Bellagio. E’ stato un giocatore di tennis e poi per tutta la vita ha scritto di questo sport.

Clerici (nella foto in alto, a sinistra, vicino a Rino Tommasi) è stato un personaggio conosciutissimo anche fuori dal nostro Paese, tanto che nel 2006 è stato inserito nell’International Hall of Fame. Lui, unico italiano non giocatore e secondo di sempre dopo Nicola Pietrangeli a essere insignito di questo prestigioso riconoscimento.

Da tennista a scrittore e giornalista: la carriera di Gianni Clerici

Una carriera memorabile quella del giornalista comasco. Nato nel 1930, è stato anche giocatore con risultati non eclatanti. Nel 1953 la sua unica partecipazione a Wimbledon: raggiunse Church Road dopo un lungo viaggio in macchina e venne sconfitto subito al primo turno. In quegli anni Cinquanta aveva già iniziato a scrivere sulla Gazzetta dello Sport. Poi nel 1956 la grande occasione sul Giorno, in una redazione sportiva di livello assoluto con Gianni Brera come caporedattore. Dal 1988 ha poi iniziato a collaborare con Repubblica. E poi le telecronache. Su Telecapodistria, poi Tele+ e infine Sky Sport, spesso in coppia con Rino Tommasi. Ha scritto di tutti i grandi campioni: da Tilden fino all’epoca di Federer, Nadal e Djokovic.

La definizione di Italoa Calvino e l’amicizia con Rino Tommasi

Italo Calvino lo aveva definito “uno scrittore in prestito allo sport”; per i più, rimarrà per sempre “quello del tennis”, l’inviato ai grandi tornei internazionali, il protagonista di irresistibili telecronache in coppia con l’amico Rino Tommasi, l’autore di monografie monumentali come “Wimbledon”, dedicata a quello che uno dei suoi maestri, lo scrittore Giorgio Bassani, chiamava “il Vaticano del tennis”.

Maestro di giornalismo sportivo, noto a livello internazionale per la sua conoscenza del tennis, Clerici – che era stato un tennista in gioventù – per il numero e la qualità delle sue pubblicazioni (oltre 6mila solo gli articoli) è stato inserito nel 2006 nella International Tennis Hall of Fame, secondo italiano presente dopo Nicola Pietrangeli (insignito del riconoscimento nel 1986). E’ autore anche di romanzi, poesie, racconti e testi teatrali.

Nato come Giovanni Clerici a Como il 24 luglio 1930, si era affermato come giornalista sportivo specializzato nel tennis, sport che ha praticato con buoni risultati vincendo due titoli italiani juniores di doppio in coppia con Fausto Gardini (1947 e 1948) e sempre da juniores ha raggiunto la finale del singolare nel 1950. Sempre nel 1950 ha conquistato la “Coppa de Galea” a Vichy, bissando il successo nel 1952 al “Monte Carlo New Eve Tournament”. Come singolarista ha partecipato ai tornei di Wimbledon (1953) e Roland Garros (1954), fermandosi sempre al primo turno.

Le tante collaborazioni con i giornali italiani

Dopo aver collaborato dal 1951 al 1954 con “La Gazzetta dello Sport” e nel 1954 con “Sport Giallo” e “Il Mondo”, Clerici nel 1956 divenne inviato e poi editorialista de “Il Giorno”, con il quale ebbe un rapporto di collaborazione fino al 1988. Dal 1988 collaborava con “L’Espresso” e “La Repubblica”. Clerici è autore di testi classici sulla disciplina sportiva, tra i quali “Il vero tennis” (Longanesi, 1965); “Il tennis facile” (Mondadori, 1972), “500 anni di tennis” (Mondadori 1974, con ristampe aggiornate nel 1987, 2004, 2006, 2007, 2008, 2013), tradotta in Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone e Spagna; la biografia “Divina. Suzanne Wengen, la più grande tennista del XX secolo” (Corbaccio, 2002), pubblicata per la prima volta in Francia nel 1984, dedicata alla sei volte vincitrice di Wimbledon; “Gianni Clerici agli Internazionali d’Italia. Cronache dello scriba 1930-2010” (Rizzoli, 2010); “Wimbledon. Sessant’anni di storia del più importante torneo del mondo” (Mondadori, 2013); l’autobiografia “Quello del tennis. Storia della mia vita e di uomini più noti di me” (Mondadori, 2015); “Il tennis nell’arte. Racconti di quadri e sculture dall’antichità a oggi” (Mondadori, 2018).

Le espressioni coniate da Clerici nel tennis

Clerici è stato uno dei commentatori tecnici italiani più importanti, al fianco di Rino Tommasi: prima su Telecapodistria, poi Tele+ e infine Sky Sport. La rivista “Time” lo aveva incoronato come il “maestro italiano di stile”. Ha coniato le spressioni “erba battuta” (per sottolineare il rallentamento del fondo erboso di Wimbledon); il termine “semiriga” (per indicare l’impossibilità di stabilire con certezza se la pallina fosse dentro o fuori); “doppio errore” (preferendolo al “doppio fallo”).

Clerici è stato anche autore di testi narrativi (la trilogia “I gesti bianchi” – “Alassio 1939 – Costa Azzurra 1950 – Londra 1960”, Baldini & Castoldi, 1995; la raccolta di racconti “Una notte con la Gioconda”, Rizzoli, 2008; i romanzi “Australia felix”, Fandango, 2012, e “2084. La dittatura delle donne”, Baldini + Castolfi, 2020), di raccolte poetiche (“Postumo in vita”, Sartorio, 2005; “Il suono del colore”, Fandango, 2011) e saggi storici (“Mussolini. L’ultima notte“, Rizzoli, 2007). Proprio su questo volume aveva detto, in una intervista, che cosa gli era accaduto la notte in cui era stato ucciso il Duce. “Nei giorni in cui Mussolini veniva ucciso, io lavoravo per il Gap, avevo 14 anni e trasportavo dei mitra Stern in una borsa da tennis. Mio padre, che era con i partigiani di città, quando lo scoprì a momenti mi ammazzava. Io l’ho vissuta da dentro, quella Storia. Ero davanti all’ex casa del fascio di Como, arrivò un camion e qualcuno ci disse: “Venite, andiamo tutti a Milano a vedere ammazzare Mussolini”. Sono salito sul camion, ma poi, per fortuna, qualcosa mi ha fatto scendere, evitandomi di assistere allo scempio di Piazzale Loreto”.

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