Bologna, censura “rossa” sul convegno dedicato alla strage di Ustica con una tesi non “allineata”

20 Mag 2022 13:18 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo e pubblichiamo.

In qualsiasi altra parte del mondo, non solo in qualsiasi altra parte d’Italia, ciò che è accaduto a Bologna avrebbe suscitato e sollevato enorme scandalo. Un consigliere regionale dell’opposizione – per altro, di un gruppo “civico” – presenta regolare domanda per organizzare nella “Sala Fanti” – spazio appositamente attrezzato per i convegni nella sede della Regione – un incontro sulla strage di Ustica. Il titolo non lascia adito a dubbi: “Battaglia aerea: un castello di falsità”. La sala viene concessa – com’è burocraticamente naturale – e l’ospite stampa e dirama programmi e inviti. Apriti, cielo! Gli “arroganti e rossi custodi della memoria” s’accorgono di quanto sta per accadere e, intervenendo laddove è utile farlo, impongono alla Regione di revocare l’autorizzazione all’uso della sala. La sequela dei pretesti a cui si sono dovuti arrampicare gli uffici preposti – hanno anche strumentalizzato il nome del presidente della Repubblica, gabellandone la presenza in città nelle stesse ore in cui si sarebbe dovuto svolgere la conferenza! – è, a dir poco, ridicola. La verità, invece, è chiara agli occhi di tutti: Stragi, Ustica, Mafia, Resistenza e quant’altro della storia appartiene anche al dibattito politico e civile sono appannaggio esclusivo del Pd, almeno nelle sedi istituzionali, almeno nelle città e nelle Regioni che governa da quando era Pci.

Perché a Bologna è stato vietato il convegno “controcorrente” su Ustica

Non si discute! Tanto più che, nel caso di Ustica, il Pd, che ebbe tra i suoi senatori anche la presidente di una delle due associazioni dei parenti delle vittime, deve tutelare il ruolo di Daria Bonfietti messo in discussione, appunto, da quella parte di parenti che non si riconoscono nelle tesi propugnate dall’ex-senatrice. E tra queste tesi, ovviamente, quella certificata solo ed esclusivamente da una sentenza della magistratura civile che nemmeno avrebbe dovuto trattare l’argomento specifico e, cioè, che il “Dc9 Itavia” fu abbattuto da un missile americano o comunque di una potenza Nato. Tesi infondata, ma – attenzione! – legittima: chiunque in una democrazia dovrebbe avere il diritto di credere e dibattere un’ipotesi, per quanto sbugiardata in radice dai fatti e dalle prove materiali.

Quel che è inaccettabile, invece, è che si usino come “cosa propria” – o, come direbbero coloro che si comportano in tale modo: come fosse “cosa nostra” – le istituzioni pubbliche, al punto da impedire la discussione su tesi che, per giunta, sono maggiormente aderenti alla verità o, per le meno, alla verità giudiziaria.Può sembrare fatto di secondo piano, rispetto alle tante vere e pretese emergenze che vive il Paese, ma, in realtà, quello della “gestione della memoria collettiva” da parte degli “arroganti e rossi custodi” è una questione nodale che andrebbe finalmente affrontata di petto, promuovendo la narrazione, almeno nelle istituzioni pubbliche, delle letture autentiche e alternative delle tappe fondamentali della storia repubblicana. Che è storia degli italiani e non proprietà intellettuale e morale della Sinistra. Anzi…

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